sabato 29 dicembre 2012
La palazzina di due piani gestita dal Centro Astalli sarebbe in grado di fornire posti letto preziosi ora che il freddo sta per arrivare sull’isola. Per i senza fissa dimora sarà emergenza. Mancano i certificati. Potrebbe ospitare 70 immigrati di Antonio Maria Mira
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Burocrazia batte accoglienza "quattro a zero". La mancanza di quattro certificati del Comune di Catania impedisce la riapertura della "casa di accoglienza padre Pino Puglisi" gestita dal Centro Astalli in un edificio confiscato alla mafia, clan Santapaola. Potrebbe ospitare fino a 60-70 immigrati. Letti preziosi soprattutto ora che il freddo sembra davvero arrivare anche nell’Isola. E invece niente. Solo la strada o qualche baracca per le centinaia di immigrati senza fissa dimora. Una vera emergenza, aggravata dalla chiusura di altri due ostelli. Ma questo edificio di due piani in via Delfino, 12 al quartiere Zia Lisa, potrebbe aprire praticamente subito se arrivassero questi quattro certificati: autorizzazione allo scarico delle acque, conformità urbanistica, autorizzazione igienico-sanitaria, agibilità dei locali. Ma questi documenti non arrivano, mancano da tre mesi, da quando sono finiti i lavori, svolti dal Comune, per mettere finalmente a norma l’ostello, chiuso da tre anni, dopo un’ispezione dei carabinieri dei Nas che avevano riscontrato alcune "pecche" non gravi ma che avevano reso necessario sospendere l’accoglienza (Avvenire lo denunciò un anno fa). Poi, malgrado ci fossero i fondi stanziati dalla Regione, i lavori sono iniziati solo quest’anno e completati a ottobre. Tutto a posto, dunque, ma i ritardi burocratici ancora impediscono di riaprire la preziosissima struttura.Proprio a ottobre, come ricordano i volontari del Centro Astalli, il prefetto di Catania, Francesca Cannizzo, che era più volte intervenuta per far partire i lavori, aveva convocato una riunione, con l’assessore comunale alle Politiche sociali, Carlo Pennisi e Lucio Guarino, direttore del Consorzio etneo per lo sviluppo e legalità, che unisce 18 comuni e la provincia per la gestione dei beni confiscati. «L’intenzione era quella di confermare al Centro Astalli il comodato d’uso gratuito per l’edificio di via Delfino – spiega Guarino – e per fare questo avevamo già predisposto tutti gli adempimenti, dalla presa d’atto alle delibere d’assemblea. Ma quando abbiamo accertato che mancavano quei quattro certificati del comune ci siamo dovuti fermare, non potevamo né prendere in consegna l’immobile né assegnarlo al Centro». Eppure, aggiunge, «siamo convinti del prezioso servizio che svolge, ma non possiamo assumerci la responsabilità di aprire l’ostello senza quei documenti». E, aggiunge sconsolato, «noi abbiamo fatto tutto quello che dovevamo fare e anche di corsa, visto che siamo ormai in inverno, ma siamo ancora in attesa». Come al Centro Astalli. «Nel corso di quella riunione i responsabili del Comune ci proposero: "Se volete ve lo diamo così com’è". Ma noi non possiamo farlo se le carte non sono tutte in regola. Per aprire l’ostello quei certificati sono indispensabili». Così in questi tre mesi sono state inviate al Comune varie raccomandate con ricevuta di ritorno. «Ma risposte non ne abbiamo avute. Solo l’assessorato alle Politiche sociali ci ha detto che la competenza non è loro ma delle Direzioni Patrimonio, Urbanistica, Lavori Pubblici e Manutenzione». Che, almeno finora, non ha fatto sapere nulla.Certo, come spesso accede per i beni dei mafiosi, l’edificio è parzialmente abusivo e quindi andrebbe sanato. Ma, sottolinea Lucio Guarino (che di beni confiscati se ne intende essendo anche direttore del Consorzio Sviluppo e legalità tra i comuni palermitani), «una legge regionale permette di utilizzarli ugualmente. Basta che si attivi il Comune».
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