giovedì 29 agosto 2013
Carolina, 25 anni, incinta alla decima set­timana di gestazione, colpita da un proiettile alla testa, è in condizioni disperate, ma i medici del repar­to Rianimazione del Cardarelli di Napoli fanno di tutto per mantenere le sue funzioni vitali e dare così una speranza di sopravvivenza almeno al bambino.​
L'INTERVISTA Bellieni: «Giusto tentare di salvargli al vita»
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È bastato un banale diverbio per una precedenza non data a scatenare la furia omicida nel cervello di Domenico Aschettino, 40 anni, la ex guardia giu­rata che domenica scorsa a Lauro (Avellino) ha uc­ciso il vicino di casa e ha cercato di sterminarne la famiglia. L’uomo, infatti, dopo aver covato ranco­re per un giorno intero, si è recato alla casa dei Se­pe e ha sparato almeno otto colpi di pistola ad al­tezza d’uomo.
A perdere la vita è stato Vincenzo Sepe, 44 anni, ma altri quattro suoi familiari sono rimasti feriti, alcuni in modo molto grave. Tra que­sti la figlia Carolina, 25 anni, incinta alla decima set­timana di gestazione. Come suo fratello Orlando, 21 anni, è arrivata all’ospedale Cardarelli in stato di coma: colpita da un proiettile alla testa, versa o­ra in condizioni disperate, ma i medici del repar­to Rianimazione del Cardarelli di Napoli fanno di tutto per mantenere le sue funzioni vitali e dare così una speranza di sopravvivenza almeno al suo bambino.
Martedì la giovane è stata sottoposta a un delicatissimo intervento di craniotomia de­compressiva con l’asportazione di alcuni fram­menti di proiettile, ma è un filo sottilissimo quel­lo che continua a legare all’esistenza lei e, attra­verso lei, la piccola vita che ha in grembo. Nessun bollettino medico ha dichiarato ufficialmente la morte cerebrale della donna, anche se si lascia in­tendere che ormai non restano più speranze, se non appunto per il feto che potrebbe continuare a crescere nel suo utero fino al raggiungimento dei sei mesi circa di gestazione: solo a questo punto po­trebbe vedere la luce con una buona probabilità di sopravvivenza.
Non sarebbe la prima volta che un feto conti­nua a vivere nel grembo di una madre morta (ovvero dichiarata ufficialmente in morte cere­brale), ma i precedenti riguardano periodi di po­chi giorni o qualche settimana al massimo. Quel­lo di Carolina e del suo bambino, dunque, è un ca­so particolarmente assurdo e doloroso, che tiene l’Italia con il fiato sospeso.
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