lunedì 27 maggio 2019
Dopo un processo durato tre anni l'assoluzione dalle accuse di essere stata eletta con i voti delle cosche. E lei, paladina della lotta contro la 'ndrangheta: è la fine di un incubo
Carolina Girasole (Ansa)

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Assolta anche in appello Carolina Girasole, sindaca coraggiosa di Isola di Capo Rizzuto. Dopo un processo durato più di tre anni ieri alle 17.30, il presidente della Corte, Giancarlo Bianchi, ha letto la sentenza che conferma in toto quella di primo grado emessa dal Tribunale di Crotone, assolvendola da tutti i reati per non aver commesso il fatto e perché il fatto non sussiste. Il massimo per un’assoluzione. Assolto anche il marito Franco Pugliese. Girasole, una paladina della lotta alla ’ndrangheta, era accusata di essere stata eletta con i voti della cosca Arena e di turbativa d’asta per la gestione dei beni confiscati al clan. Per questo il 3 dicembre 2013 era finita agli arresti domiciliari, dove era rimasta per ben 168 giorni. Il 22 settembre 2015 la prima assoluzione con formula piena, con una bocciatura su tutta la linea dell’accusa, in quanto «del tutto infondata». Ora la Corte d’appello ha confermato quella sentenza, smontando ancora una volta le accuse scaturite dall’inchiesta della Dda di Catanzaro, sfociata nell’operazione "Insula" con la quale furono arrestate tredici persone.


«È, spero, la fine di un incubo – ci dice al telefono con la voce emozionatissima –. Voglio ringraziare in primo luogo i giudici, e poi i miei avvocati per il lavoro straordinario che hanno fatto, i miei familiari e gli amici, pochi, che ci sono rimasti accanto. Sono stati cinque anni e mezzo di vero calvario perché l’accusa era inaccettabile. Non solo io non avevo fatto quello che mi si addebitava, ma avevo fatto esattamente il contrario».

È proprio questo che la Girasole ci tiene a sottolineare. «La mia vita, quella della mia famiglia e soprattutto gli atti che ho prodotto da amministratore erano assolutamente opposti a quello che l’accusa stava cercando di provare. Tutta la mia attività amministrativa dimostrava esattamente che non c’era alcun rapporto con la cosca. Questa è stata l’assoluta ingiustizia. Non è possibile che la mia vita sia stata distrutta in questa maniera». Ora è il momento della gioia dopo anni di fango e solitudine. «Appena sono stata arrestata ci sono stati giornalisti famosi che mi hanno condannato e distrutto a priori, senza il minimo accenno a un dubbio. Spero che ora questi signori un esame di coscienza se lo facciano. Ma voglio anche ringraziare chi come Avvenire ha seguito con attenzione e correttezza il mio dramma».
Gli avvocati difensori, Marcello e Mario Bombardiere, spiegano l’esito dell’appello. «La Corte non ha cambiato una virgola rispetto alla sentenza di primo grado. C’è stato un accanimento inspiegabile da parte dell’accusa, hanno portato collaboratori di giustizia, hanno cercato documenti che però non hanno aggiunto niente. Vedremo che se ora ricorreranno in cassazione, ma ci vorrà coraggio dopo due assoluzioni...».

Proprio gli avvocati avevano presentato in Appello una memoria difensiva di oltre 130 pagine nella quale sono ricostruiti tutti gli atti dell’amministrazione guidata dalla Girasole. Alcuni erano spariti e ritrovati dai legali, altri erano stati interpretati in modo totalmente opposto. Così come alcune intercettazioni telefoniche e ambientali il cui contenuto era stato totalmente stravolto, leggendovi parole e nomi che non c’erano.

In primo grado i giudici aveva sentenziato che vi era «assenza di qualsivoglia collegamento tra la Girasole e il marito e alcuni degli imputati avete a oggetto una trattativa di voti da scambiare contro altre utilità». Anzi, aggiungevano, era provata l’«inimicizia manifestata dagli Arena nei suoi confronti proprio in quanto da loro percepita come fautrice di una politica contraria ai loro interessi». Tutto ora confermato anche in appello.


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