sabato 2 aprile 2016
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Se gli ospedali fossero per le persone sane, in forma, brillanti, indipendenti; persone che non arrancano ma galoppano, tutte con dieci decimi di vista e dall’udito capace di cogliere sospiri e fruscii; e una mente lucida e acuta da iscritto al Mensa; allora non ci sarebbero problemi. Ma si dà il caso che in ospedale, in genere, vadano persone tutte all’opposto. Persone ferite, deboli, fragili, spesso incapaci di fare tutto da sole, a volte capaci di non fare proprio niente da sole. Potrebbero sembrare considerazioni ovvie e superflue se non fosse per l’indagine nazionale, la prima del genere, realizzata dalla onlus 'Spes contra spem', in collaborazione con l’Osservatorio nazionale sulla salute delle Regioni italiane (Onsri) dell’Università Cattolica di Roma, la Fondazione Ariel e la Fondazione Umana Mente. Quando un disabile – intellettivo, motorio e sensoriale – si reca in ospedale, in oltre il 78 per cento dei casi non trova spazi adatti per l’assistenza, e in due strutture su tre manca un percorso prioritario. Scopre, suo malgrado, di essere una sorta di intruso. Chi ha organizzato l’ospedale non ha pensato a lui. Come se l’ospedale, appunto, fosse per abili e arruolati, non per fragili e bisognosi di assistenza particolare. Alla base della ricerca c’è un questionario inviato tra gennaio e settembre 2014 a 814 strutture ospedaliere. Le conclusioni sono sconsolanti, così come purtroppo prevedibile è il solito abissale squilibrio tra nord e sud: se a nord le cose non vanno bene, a sud vanno malissimo. Prendiamo ad esempio i percorsi per persone con disabilità cognitiva in ambulatori e reparti: nel nord sono presenti nel 29 per cento dei casi, nel sud appena nel 6,5. Non si tratta di un’esigua minoranza che quindi, anche se ingiusto, in fondo potrebbe 'aspettarsi' di sentirsi trascurata. Tutt’altro. «In Italia – avverte Alessandro Solipaca, responsabile scientifico dell’Onsri – le persone con disabilità con tre milioni». Difficile ignorarle, eppure... «Ogni anno, 480mila sono ricoverate in ospedale e oltre due milioni fanno accertamenti diagnostici e visite specialistiche». Nonostante simili numeri, appena il 16,8 per certo delle strutture ha un punto unico di accoglienza per le persone con disabilità, media del 20,9 del nord e del 13 del centro-sud. Nessuna struttura ha mappe a rilievo per persone non vedenti e solo il 10,6 per cento è dotato di percorsi tattili, del tutto assenti al sud e presenti nel 13 per cento del centro-nord. E i display luminosi per persone con deficit uditivo? Solo nel 57,8 per cento delle strutture. Quanto ai pronto soccorso, appena il 12,4 per cento ha locali o percorsi adatti per visitare pazienti con disabilità intellettiva; e al sud la percentuale precipita a zero. Ma il dato forse più inquietante, che alcune agenzie di stampa ieri ignoravano, è un altro. Il questionario, dicevamo, è stato inviato a 814 strutture. Ma solo il 19,8 per cento ha risposto. Una su cinque. Le altre quattro hanno semplicemente ignorato la richiesta, segno – temiamo – di ben scarso interesse. Se andate in ospedale, insomma, cercate di godere di ottima salute psichica e non avere handicap fisici. Se no, peggio per voi. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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