venerdì 9 dicembre 2022
L’assessore comunale Maran: sono molti che hanno investito su una speranza di vita a Milano e oggi vedono tutto questo messo a rischio Stato ed enti locali non devono vendere immobili occupati
«Caro casa, a rischio il futuro insieme»
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Sulla casa, l’arcivescovo di Milano Mario Delpini nel suo “Discorso alla città” ha toccato uno dei punti critici degli attuali modelli di sviluppo urbano », perché afferma l’assessore comunale alla Casa e al Piano Quartieri Pierfrancesco Maran «ci sono centinaia di migliaia di persone che insieme a Milano hanno elaborato una “speranza” di futuro e che oggi si ritrovano con un quadro di stipendi che non è cresciuto adeguatamente e un costo della vita alle stelle, proprio a cominciare dalla spesa per l’alloggio». Prima della pandemia, spiega ancora Maran, «il rapporto tra l’acquisto e affitto della casa era da tutti considerato un fatto privato, una normale trattativa tra proprietari, aspiranti tali e inquilini. Oggi se la politica non interviene, il “mercato” da solo genererà solo una sostituzione dei residenti per censo, che è una cosa ingiusta e anche pericolosa per il funzionamento stesso della città».

Assessore, non sembra esserci più tempo, cosa fare?
Ad oggi nessuna grande città europea ha risolto il problema. Hanno tutte un sistema di proprietà diffusa, come a Milano, e una diminuzione dei valori immobiliari comporterebbe una svalutazione dei beni dei cittadini. Ma noi stiamo lavorando a delle soluzioni per riequilibrare il sistema.

Per esempio?
Sfruttare meglio il patrimonio pubblico. I finanziamenti sono inadeguati, così il 20% delle case Erp sono vuote, non certo per volontà ma perché prima vanno ristrutturate. A Milano, dove il Comune ha 28mila appartamenti e la Regione con Aler 35mila, servirebbe mezzo miliardo di euro. Ad oggi Comune e Regione possono mettere denari per non peggiorare la situazione. Così per arrivare a “sfitto zero” pensiamo di coinvolgere quei lavoratori che hanno bisogno di una casa ad un prezzo agevolato ma che allo stesso tempo possono contribuire economicamente alla sistemazione degli alloggi.

E come intervento di sistema?
Lo Stato e gli enti devono impegnarsi a non vendere i loro immobili occupati da famiglie che hanno contratti a canone conveniente. Noi stiamo gestendo il caso dell’Empam, che l’anno scorso ha venduto palazzi con dentro 2mila famiglie che pagavano affitti ad equo canone. E ora sono in difficoltà. Bisogna cambiare paradigma. L’ex macello in zona Vittoria-Forlanini era un’area fra le più importanti che la città possedeva. Lo abbiamo messo in vendita con l’obiettivo di far realizzare appartamenti a prezzi convenzionati e questo è molto diverso dal modo in cui lo Stato vende i suoi beni cercando di realizzare la maggior entratura possibile.

il nodo affitto?
In poco tempo circa 15mila appartamenti che prima venivano affittati a studenti e lavoratori ora tramite piattaforma Airbnb vengono proposti ai turisti a prezzi doppi. Questo valore fa capire che la soluzione non può essere il costruire di più ma l’introdurre regole che contengano questi fenomeni. Il pubblico deve intervenire sull’edilizia popolare e convenzionata e non disperdere le sue risorse. Sulle case popolari si sono messi pochi soldi, troppi invece sul “110%” per gli uffici privati, questa non è stata una scelta lungimirante. Bisogna prevedere un bonus strutturato a chi sta in affitto nei grandi centri. Milano in tasse sulla casa paga allo Stato un miliardo di euro all’anno, per il sostegno affitto arrivano solo 12 milioni. È una proporzione inaccettabile.

A Milano siamo passati in poco tempo da un milione e 300mila cittadini a un milione e 400mila cittadini. Ma in realtà dal 2008 ad oggi a fronte di 500mila nuovi residenti, in 400mila sono andati via…
Bisogna lavorare su una Milano più grande, policentrica, in un’ottica di città metropolitana. Per questo stiamo migliorando la mobilità pubblica e sostenibile. È per questo che crediamo in progetti come Mind dove si sposteranno 18mila studenti su Rho, Pero e Arese e dove appunto ci sono possibilità abitative diverse. Solo la popolazione universitaria fuori sede è cresciuta in pochi anni da 170mila studenti a 220mila e con lei la relativa domanda abitativa.

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