lunedì 16 giugno 2025
L'arcivescovo di Foggia, Ferretti, chiede un rinnovato impegno per contrastare lo sfruttamento. Don Pagniello (Caritas): va cambiata la narrazione sull'immigrazione. Il caso di Borgo Mezzanone
No a un'altra estate di ghetti e caporali: la Chiesa scende in campo

Maurizio Maule / Fotogramma

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«Dobbiamo impegnarci nella costruzione di una società più umana ma anche più legale, dove il lavoro nero e di conseguenza i caporali, le mafie, hanno meno margine di manovra. Dobbiamo tutti credere in un patto di legalità per la Puglia». Così l’arcivescovo di Foggia-Bovino, monsignor Giorgio Ferretti, in occasione della due giorni del convegno regionale Caritas Puglia dal titolo “Spalancare le Porte - a nessuno venga mai a mancare la Speranza di una vita migliore”, che si è svolta tra Foggia e Borgo Mezzanone.

Il titolo riprende la Bolla di indizione del Giubileo “Spes non Confundit” di papa Francesco. In Capitanata, come in tutta la Puglia, sono presenti insediamenti informali di immigrati, chiamati ghetti, dove vivono in condizioni inumane migliaia di immigrati. Il maggiore si trova a Borgo Mezzanone, frazione di Manfredonia: solo qui ci sono circa 3.000 migranti, sottopagati e sfruttati in lunghe ore di lavoro sotto il sole cocente estivo. Necessari all’economia agricola ma mantenuti nell’illegalità. La scelta del luogo dell’evento non è solo simbolica. Le Caritas vivono un momento giubilare di conoscenza, riflessione e animazione in quei luoghi che rappresentano sfide concrete per testimoniare la fede e rimettere al centro accoglienza e speranza.

Tra i principali temi del dibattito, che vede coinvolti Chiesa e istituzioni, lo sguardo teologico e sociologico sul fenomeno migratorio, luci e ombre delle normative sull’integrazione lavorativa e la questione abitativa. «In luoghi come Borgo Mezzanone – evidenzia il direttore di Caritas italiana, don Marco Pagniello – occorre testimoniare con continuità prossimità concrete, accompagnando i migranti affinché siano rispettati i loro diritti, e per facilitare incontri tra le persone perché si vada oltre i pregiudizi, cadano le barriere e si crei una vera fraternità». È poi importante, aggiunge il sacerdote, «cambiare narrazione e linguaggi, per far uscire la realtà dell’immigrazione fuori dal tema della sicurezza», includendolo, invece, «in quelli dell’inclusione e dell’integrazione».
Questo convegno, dichiara don Pasquale Cotugno, delegato Caritas Puglia, «ci ricorda che chi vive nelle periferie non deve essere considerato esclusivamente né come un problema da risolvere né come un soggetto con dei bisogni da soddisfare. Se non riusciamo a rimettere al centro i poveri e i fragili, le nostre stesse comunità non riusciranno mai a vivere il Vangelo. Il ghetto di Borgo Mezzanone, come tutti gli altri ghetti della regione, oltre ad essere luoghi di prossimità devono essere rimessi al centro di una politica che deve rivedere i processi di integrazione e cittadinanza».

Sono 115 i milioni di euro di fondi Pnrr destinati alla provincia di Foggia per il superamento dei ghetti, ma il rischio concreto è che le lungaggini burocratiche ed altre complicazioni amministrative possano indurre le comunità a ridimensionare i progetti, riducendoli a semplici dormitori per la forza lavoro, e sprecando di fatto la grande occasione legata a queste risorse.

In Puglia «sono 12 mila gli abitanti dei ghetti, e il dato è in crescita in concomitanza con l’avvio delle raccolte stagionali – afferma Leonardo Palmisano, sociologo della devianza dell’Università di Foggia –. Temiamo che possa esserci un eccesso di offerta rispetto alla domanda col rischio di innescare una competizione al ribasso, non solo dei salari, ma anche della convivenza pacifica delle persone. Per questo si deve uscire dal sistema ghetto».

Ma c’è un altro aspetto dell’emergenza ghetti sul quale si sofferma Ferretti: «Visitando Borgo Mezzanone, che appare come una baraccopoli africana – afferma il presule – la prima cosa che colpisce è la mancanza di donne e bambini. Negli slums africani è tutto uno scorrazzare di bambini, vera ricchezza di quel continente. Ma nel Borgo, nei ghetti di Puglia, la famiglia è assente. Mi sembra dunque che il grande tema dell’immigrazione ci chieda di fare la cosa giusta: l’accoglienza e l’integrazione, come antidoti alla paura, all’inerzia, al pessimismo, e come fonti di vita».

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