martedì 14 settembre 2010
Azoto al posto dell’elio per testare la tenuta del silos. Secondo le prima analisi la concentrazione di azoto era dell’80 per cento, in pratica una vera e propria camera a gas dove Giuseppe Cecere, Antonio Di Matteo e Vincenzo Musso non hanno avuto scampo.
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Morire per risparmiare 20mila euro. Ci sarebbe questo dietro la morte, sabato scorso, dei tre operai impegnati nella Dsm di Capua. È l’elemento più inquietante emerso dal lungo sopralluogo del sostituto procuratore di Santa Maria Capua Vetere, Donato Ceglie, e degli esperti incaricati dalla procura. Per i test svolti nel silos per accertarne la tenuta - dopo alcuni lavori di riparazione - invece dell’elio, gas innocuo ma costoso, sarebbe stato utilizzato praticamente solo azoto, tossico ma dal costo più basso. Secondo le prima analisi la concentrazione di azoto era dell’80 per cento, in pratica una vera e propria camera a gas dove Giuseppe Cecere, Antonio Di Matteo e Vincenzo Musso non hanno avuto scampo. Anche perché nessuno li aveva avvertiti della presenza di quel gas, utilizzato nell’ambiente dove avevano montato l’impalcatura, usata da un’altra ditta per operare il test, e dove poi erano rientrati per rimuovere la stessa impalcatura. Senza prendere nessuna precauzione. È come, spiegano in Procura, se un elettricista mettesse le mani in un impianto elettrico senza staccare la corrente. E qui scatta la seconda responsabilità. La legge è chiarissima. L’articolo 66 del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro (decreto legislativo n.81 del 2008) non ha bisogno di interpretazioni: «È vietato consentire l’accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l’assenza di pericolo per la vita e l’integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell’atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosità dell’atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione».Tutto questo non è successo. Perché è mancato il coordinamento tra le varie imprese, in primo luogo la Dsm e poi le tre che hanno operato nel silos. Anche qui il Testo unico è chiarissimo e obbliga al coordinamento tra le ditte coinvolte in un lavoro e, in particolare, per il passaggio delle consegne. E anche questo, evidentemente, non è successo.In tutto ciò, infine (e non è certo l’ultimo elemento su cui indagano in procura), si dovrà accertare la responsabilità non solo delle varie imprese intervenute ma anche della committenza. Chi e perché ha scelto le ditte (due, peraltro avevano gli uffici all’interno della stessa Dsm)? Chi ha dato ordine o era a conoscenza dell’uso dell’azoto invece dell’elio? Chi ha scelto di risparmiare sulla vita dei tre operai?
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