mercoledì 7 settembre 2016
La Regione Calabria latita mentre chi protesta viene cacciato. A Gioia Tauro allontanati i ragazzi del “7 agosto”. Federico Minniti
PRIMA PUNTATA Quella discarica tossica in riva al mare
Discarica tossica, allontanato chi denuncia
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Castelli di sabbia, come l’argine che impedisce agli idrocarburi del canale dei veleni di giungere in mare. Uno sbarramento artigianale che ad ogni pioggia o mareggiata rischia di essere travolto o che - ed è timore diffuso - potrebbe essere abbattuto per riversare in acqua i residui dell’ultimo intervento sul sito. Ipotesi, quest’ultima, confermata dalle considerazioni di alcuni tecnici che stanno valutando come sufficiente la misura preventiva adottata, bypassando un’ulteriore depurazione del suolo. 

Un caso, quello del canalone di San Ferdinando, gestito con superficialità, la stessa che intende insabbiare le responsabilità su quella che rischia di essere una bomba ecotossica per il Mediterraneo. Castelli di sabbia resi pure inaccessibili da ieri ai volontari del Comitato '7 agosto', allontanati dal sito per ordini dall’alto proprio poche ore dopo la pubblicazione della nostra inchiesta. Proprio nel momento in cui i lavori assumono una brusca accelerazione ed inizia ad emergere un quadro desolante e, presumibilmente, 'insidioso'. Sul canale sono repentini i cambi di opinione da parte degli addetti a salvaguardare la salute pubblica e gli interventi 'palliativi' che si rivelano dei fallimenti annunciati.

Poi ci sono i tavoli tecnici, altri castelli, questa volta di carta. Tra questi vi è uno, l’ultimo in senso cronologico, dello scorso 30 agosto presso il Dipartimento ambiente e territorio della Regione Calabria a cui partecipano l’Arpacal, il Comune di San Ferdinando, la Protezione civile regionale, l’Autorità portuale e la Capitaneria di porto di Gioia Tauro, il Comitato 7 agosto – autorizzati agli incontri ufficiali e non ad assistere alle operazioni di messa in sicurezza – e la Iam Spa.

Da quanto si apprende la riunione registra il 'passo indietro' del comune di San Ferdinando, mentre l’Arpacal, Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Calabria, espone la situazione ambientale riscontrata, suffragata da una relazione tecnica in cui conferma che dai rilevamenti si rinveniva già dal 12 luglio la presenza di oli minerali, dato confermato in una seconda analisi del 11 agosto. La soluzione prospettata è quella di inviare una parte, quella ristagnante nel percorso coperto, attraverso la rete fognaria, per la depurazione presso lo stabilimento, lontano 5 chilometri, di proprietà della Iam.

La stessa azienda, la Iam, che sul canalone ha un accordo col Corap per la gestione ordinaria, programmata e straordinaria ed, adesso, viene 'invitata' dai soggetti coinvolti ad intervenire. I vertici della azienda si premurano a ribadire come la situazione attuale riguarda un evento specifico, fatto parzialmente smentito dai rilevamenti tecnici che ravvisano un logorio del terreno non ascrivibile ad un lasso di tempo estremamente breve. La Regione Calabria si limita a fare l’arbitro nella vicenda, e – forse – non potrebbe fare altrimenti.

Perché i rapporti tra la Iam Spa e la Regione non si limitano 'solo' agli appalti ed agli accordi in temi ambientali. Fino al giugno 2016, l’Amministratore delegato della Iam era Domenico Mallamaci che alle scorse elezioni regionali è stato candidato nella lista 'Oliverio Presidente', movimento satellite del Partito Democratico ed espressione del Governatore in carica, Mario Oliverio. Mallamaci è – tra l’altro – primo dei non eletti sopravanzato nei consensi, nel distretto reggino, da quel Francesco D’Agostino, vicepresidente (autosospeso) del Consiglio Regionale della Calabria, ed inquisito nell’inchiesta 'Alchemia' su un giro di appalati e ’ndrangheta che ha coinvolto anche l’ex senatore di Gal, Antonio Caridi. Iam, Pd, ambiente: un film già visto a Potenza nel caso 'Tempa Rossa'.

Aggravato dal silenzio istituzionale: nessuno della maggioranza regionale che ha accompagnato il ministro all’Ambiente, Gian Luca Galletti, a Lamezia, pochi giorni fa e a pochi chilometri, circa 50, dalla Piana di Gioia Tauro, ha voluto o potuto parlare dell’emergenza del canale dei veleni, che rischia di trasferirsi dallo 'stagno comunale' di San Ferdinando al mar Mediterraneo.»

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