lunedì 31 gennaio 2022
In un pamphlet per Effequ Carolina Capria illustra tutti i condizionamenti cui sono sottoposte le donne e argomenta che la bellezza non dovrebbe più essere considerata un valore
Il corpo delle donne? È un campo di battaglia

Ansa

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Vecchia storia, quella del corpo delle donne. Nell’infanzia, almeno per quelle di noi con più primavere, vestito di rosa. Dall’adolescenza in poi, sottoposto al giudizio di chiunque. Fino alla maturità quando la società in cui tutti siamo immersi fino al collo spinge al ritocchino, al botulino, alle tinte per i capelli, alle lotte impari contro il minimo accenno di cellulite.. Tutto ciò non accade all’uomo, meno o per nulla esposto al giudizio del prossimo, discussioni e critiche.

Insomma, il corpo femminile è un “Campo di battaglia", come prova a spiegare Carolina Capria nel pamphlet pubblicato dalla casa editrice femminista Effequ (2021, 200 pagine, euro 16). Partendo dalle "Ancelle" del fortunato romanzo di Margaret Atwood, prigioniere della loro capacità riproduttiva e proprietà dello Stato, Capria ragione sui tanti condizionamenti cui sono sottoposte le donne a partire dal proprio corpo, fin da quando al primo apparire del ciclo alle “neo-signorine” si dettano regole di comportamento e di abbigliamento “altre” rispetto all’infanzia.

Qualche decennio dopo, stessa storia, solo che la battaglia che la società chiede alle donne ultra 50enni (o anche prima) di combattere è quella contro le rughe, contro i capelli bianchi, contro ogni inopportuno segno del tempo. Un diktat a cui è difficile sottrarsi: basti pensare a quello che è successo all’inviata della Rai Giovanna Botteri, insultata via social per la sua capigliatura “nature” durante i mesi del lockdown. La cura del corpo, del resto, è una delle occupazioni più impegnative per le donne, perché l’occhio degli altri vuole vederle sempre “in ordine” e pazienza se l’asticella si alza di continuo: sbiancamento dei denti, depilazioni laser, smalti permanenti…

E se è vero che un numero sempre maggiore di donne decide di disobbedire ai canoni, e ad esempio non copre i capelli bianchi, è altrettanto sicuro che sarà accusata di avere un aspetto “trascurato”. “È il contesto sociale che ci inganna convincendoci dalla più tenera età che la bellezza sia la nostra dote più preziosa, e poi colpevolizzandoci se cerchiamo di tendere come possiamo all’ideale di bellezza che ci viene proposto come giusto. La battaglia vera, quella per cui dovremmo unirci e combattere, è quella contro l’idea che bellezza sia un valore”. Anche perché, conclude Carolina Capria, sono gli uomini ad aver dettato, nei secoli, a raffigurare e descrivere la bellezza femminile, “ma anche a decidere che le donne dovessero considerare la bellezza il loro bene più prezioso”. Cosa succederebbe se, ad esempio, tutte le donne del mondo smettessero di pensare che la cellulite sia “brutta”? O che lo sia essere sovrappeso? Dunque, basterebbe un salto di qualità anche da parte delle donne, che mettessero "in discussione l’idea che la bellezza sia il lasciapassare per la vita”.

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