martedì 2 agosto 2022
Il leader di Azione e il segretario del Pd raggiungono l'intesa per le prossime elezioni politiche. Tra i punti del patto, europeismo e salario minimo. Niente ex 5 stelle ed ex Fi nei collegi
Calenda-Letta, ecco l'accordo: agenda Draghi e ius scholae
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Dopo giorni di trattative, veti e ultimatum, arriva l'accordo tra Carlo Calenda ed Enrico Letta. Un passo decisivo verso il voto del 25 settembre, definito nel testo del patto elettorale «​​uno spartiacque che determinerà la storia prossima del nostro Paese e dell’Europa». Partito Democratico e Azione/+Europa mettono nero su bianco i temi essenziali su cui costruire l'alleanza e scorrendo la lista appare chiaro che l'agenda Draghi, soprattutto per la politica estera, ne rappresenta una parte importante.

I due partiti, scrivono i leader, «si impegnano a promuovere, nell’ambito della rispettiva autonomia programmatica, l’interesse nazionale nel quadro di un solido ancoraggio all’Europa e nel rispetto degli impegni internazionali dell’Italia e del sistema di alleanze così come venutosi a determinare a partire dal secondo dopoguerra. In questa cornice le parti riconoscono l’importanza di proseguire nelle linee guida di politica estera e di difesa del governo Draghi con riferimento in particolare alla crisi ucraina e al contrasto al regime di Putin».

Discorso simile per la strategia energetica nazionale, per la quale occorrerà «mettere in campo le politiche pubbliche più idonee per garantire l’autonomia del Paese attraverso un’intensificazione degli investimenti in energie rinnovabili». Oltre a proseguire sulla strada della «diversificazione degli approvvigionamenti per ridurre la dipendenza dal gas russo, la realizzazione di impianti di rigassificazione nel quadro di una strategia nazionale di transizione ecologica virtuosa e sostenibile».

Tra gli altri punti dell'accordo spunta anche il salario minimo, da costruire però «nel quadro della direttiva Ue», oltre alla «riduzione consistente del “cuneo fiscale” a tutela in particolare dei lavoratori».

Il riconoscimento dell'operato del premier ancora in carica è esplicitato chiaramente al centro del testo («le parti condividono e si riconoscono nel metodo e nell’azione del governo guidato da Mario Draghi»), dove trovano spazio anche gli altri nodi al centro del programma dell'esecutivo dimissionario: il Pnrr, la riforma del patto si stabilità, la revisione del reddito di cittadinanza e del bonus 110%, ma anche lo Ius scholae e non meglio specificati diritti civili.

Infine le regole per le candidature, rispetto alle quali Calenda può rivendicare una piccola vittoria: «Le parti si impegnano a non candidare personalità che possano risultare divisive per i rispettivi elettorati nei collegi uninominali, per aumentare le possibilità di vittoria dell’alleanza. Conseguentemente, nei collegi uninominali non saranno candidati i leader delle forze politiche che costituiranno l’alleanza, gli ex parlamentari del M5S (usciti nell’ultima legislatura), gli ex parlamentari di Forza Italia (usciti nell’ultima legislatura). La totalità dei candidati nei collegi uninominali della coalizione verrà suddivisa tra Democratici e Progressisti e Azione/+Europa nella misura del 70% (Partito Democratico) e 30% (+Europa/Azione), scomputando dal totale dei collegi quelli che verranno attribuiti alle altre liste dell’alleanza elettorale».

«Siamo pienamente e totalmente soddisfatti del testo sottoscritto», ha commentato il fondatore di Azione nel corso della conferenza stampa che ha seguito la firma dell'accordo. «Non farò polemiche nemmeno con Di Maio». «È stato molto più difficile trovare le intese tra di noi, rispetto a quello che è successo nel centrodestra, dove ci sono state due parti che si sono arrese: Berlusconi e Salvini hanno firmato una resa a Meloni», ha invece commentato Letta.






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