mercoledì 3 aprile 2013
​Il segretario del Pd si considera «assorbito» dal suo incarico, ma spera di essere nomiatodal prossimo capo dello Stato. Il suo progetto resta valido, spiega in una conferenza stampa in cui da il punto: «Per il Colle si dialoga. No al governissimo».
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Non sarà la Direzione a portare il partito alla conta. Pier Luigi Bersani dribbla l’appuntamento del "parlamentino" del Pd con cui avrebbe dovuto esaminare lo stallo politico, che ha di fatto «assorbito» il suo pre-incarico con l’arrivo dei saggi, come dice. E che avrebbe potuto mettere in luce divergenze. E sceglie una conferenza stampa inattesa per fare il punto della situazione. Il quadro è cambiato, la "palla" è nelle mani del prossimo capo dello Stato, anche se il leader democratico non vede né disegna scenari nuovi. Salvo la necessità di trattare con il Pdl per trovare un nome condiviso alla successione di Giorgio Napolitano. E anche qui, il segretario pd mette i suoi paletti. Ora, spiega Bersani, «faremo una ricerca onesta di un punto di equilibrio» e «siamo pronti a discutere», ma «non ci si detti il compito». Vale a dire, che è impossibile che «la destra designi il presidente e noi lo votiamo». Bersani ha in mente le insidie e le conseguenze di ogni possibile intesa. La trattativa è intrecciata e il leader pd continua a preferire il dialogo con il movimento di Grillo, che non fornisce comunque garanzie. E allora, ragiona consapevole che nel partito non è questa la posizione dominante e i renziani sono pronti a uscire allo scoperto, un incontro con Berlusconi va messo in cantiere. Certo, dice lanciando una frecciatina a Renzi, «non voglio incontrare Berlusconi ad Arcore (come fece il sindaco di Firenze, ndr, ma nelle sedi istituzionali va bene».Il leader pd va avanti dunque con la partita per il Quirinale, che aprirà poi la strada a un governo. Escludendo la via delle elezioni, «un’ipotesi disastrosa – la definisce – . Purtroppo l’incrocio con il semestre bianco è stato un’ulteriore difficoltà perché può lasciare spazio a tatticismi». Ma un accordo con il Pdl per la scelta del prossimo presidente della Repubblica, continua, non apre certo la strada al governissimo, che – insiste Bersani – «sarebbe un governo immobile. Con Berlusconi abbiamo già un’esperienza alle spalle».E allora si torna al punto di partenza. «Per me – ragiona il segretario – non c’è governo senza cambiamento e la situazione parlamentare è evidente: il Pd ha avuto un’ampia maggioranza alla Camera e una maggioranza seppur relativa al Senato. Siamo il primo partito e dobbiamo avanzare una proposta utile al Paese che garantisca governabilità, cambiamento e corresponsabilità». Se quindi – dice di sé stesso – Bersani «serve per questa strada» si procede così, se invece «Bersani fosse un ostacolo è a disposizione perché prima di tutto c’è l’Italia... Il che non vuol dire che vado al mare... Io ci sono». Di certo, da M5S non si aspettava un atteggiamento simile: «Ci siamo trovati di fronte ad un disimpegno conclamato di chi ha avuto otto milioni di elettori e a quanto pare intende metterli in frigorifero perché così la legislatura non va avanti».
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