sabato 23 novembre 2013
Berlusconi attacca sinistra e magistratura. E al Colle: dammi la grazia. Fi in piazza il 27.
COMMENTA E CONDIVIDI

Silvio Berlusconi annuncia che non si dimetterà da senatore. E scalda gli animi in vista del voto in Senato sulla sua decadenza. Forza Italia intanto prepara una manifestazione davanti a Palazzo Grazioli. Ieri il Cavaliere al Palalottomatica, in una convention dei giovani del neonato partito, dà la carica ai suoi e gioca in anticipo rispetto al voto, attaccando a tutto campo: sinistra, magistrati, giornali. Tanto che il Pd, con il responsabile Giustizia, Danilo Leva, lo accusa di giocare una «carta pericolosissima» e di portare avanti «un’orgia di affermazioni dal carattere esplicitamente eversivo e provocatorio». Quello di Berlusconi - accolto alla manifestazione organizzata dalla deputata Annagrazia Calabria dalle note di "Azzurra libertà" - è un crescendo. Che si conclude con l’accusa secondo la quale contro di lui sarebbe in atto un «colpo di Stato». Lo dice dopo aver accusato i magistrati, in particolar modo quelli di Magistratura democratica, di fare il loro lavoro in nome di «un’ideologia politica o di un "do ut des"». Il Cavaliere inizia dicendo che sono tre notti che non prende sonno pensando alla libertà del Paese in pericolo. Poi dedica 20 minuti di fuoco al voto sulla sua decadenza da senatore: «Stanno imbastendo un processo per l’omicidio politico del leader di centrodestra». Un crescendo che culmina nella chiamata in causa del Colle. «Il presidente della Repubblica non dovrebbe avere un attimo di esitazione a dare, senza che io la richieda, perché io ho una dignità e dunque non lo farò, un provvedimento che cancelli questa ignominia dell’affido ai servizi sociali». Che definisce un’umiliazione. Nella raffica di accuse di Berlusconi finiscono la polizia giudiziaria - «esercito di fedelissimi» delle procure - e il "Corriere della sera", «da sempre l’organo non ufficiale» di quella di Milano. Arriva persino a ricordare le parole di Dell’Utri sullo stalliere siciliano di Arcore, Vittorio Mangano. «Ha ragione, è un eroe».Naturalmente il principale guanto di sfida è gettato verso la sinistra: «Non pensi che non reagiremo». Infine annuncia a giorni una conferenza stampa in cui rivelerà le «carte ineludibili» che proverebbero la sua innocenza nella vicenda Mediaset. Il Pd tira dritto: niente rinvii del voto e niente ricatti. Parla il sempre il responsabile Giustizia, Leva. «Il 27 novembre voteremo la decadenza di Berlusconi. È la conseguenza naturale della condanna definitiva per frode fiscale. Forza Italia continua intanto a ricattare il Paese, ma la legge di stabilità e il governo non possono essere ostaggio degli interessi personali del Cavaliere». Angelino Alfano a sua volta non è tenero con la nuova - ma per lui lontana dallo spirito del ’94 - Forza Italia dove, prevalgono «gli estremisti», dice alla presentazione dei nuovi gruppi parlamentari e regionali del Nuovo Centrodestra. Le risposte al vetriolo dei lealisti non si fanno attendere.Il leader "azzurro" aveva già fatto sapere di non avere la minima intenzione di lasciare. «Non mi dimetto prima, non ci penso nemmeno. Aspetterò che votino. Che si assumano la responsabilità di una cosa di cui si dovranno vergognare per sempre», ha detto in un’intervista al Mattino. Insomma il voto «è il punto di non ritorno», oltre il quale ci regoleremo soltanto in base all’esame dei contenuti della finanziaria. Non la conosco. E come me neanche gli italiani. Spero che almeno nelle prossime ore i nostri senatori possano studiarla». E ieri hanno iniziato a prenderne le distanze quattro di loro che in Commissione si sono astenuti (a Palazzo Madama voto che equivale al no) sugli emendamenti governativi e della maggioranza, di cui fino a nuovo ordine sono anche loro parte.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: