giovedì 22 settembre 2011

Il Cavaliere: ho la forza e i numeri in Aula per risollevare il Paese. Il capo dello Stato: lo dimostri, sarà responsabile nel bene e nel male.

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Di primo mattino, facendo ordine tra le carte e gli appuntamenti, Berlusconi mette in fila tre priorità: il pilastro della strategia è convincere Bossi e Maroni a salvare Milanese; il secondo atto è andare al Colle a dire che la maggioranza c’è, che lui non si dimette e va avanti sia su sviluppo sia su giustizia; la conseguenza operativa è rimettere insieme i cocci della coalizione, con una ripresa sprint dell’azione di governo. E la sua agenda è lo specchio delle sue intenzioni. Quando mancano cinque minuti alle 13 varcano il portone di Palazzo Grazioli Umberto Bossi insieme a Zaia - vicino al ministro dell’Interno - e Cota, con Alfano e Gianni Letta "testimoni". Alle 18.45 l’auto presidenziale, con Gianni Letta ancora nelle vesti di garante, muove verso il Quirinale. Alle 22, dopo cena, inizia un vertice Pdl in vista del Consiglio dei ministri di stamattina.Il premier, secondo diverse fonti interne alla maggioranza, accoglie l’alleato nordista con una frase a sorpresa: «Umberto, se voi lo chiedete, io sono pronto a fare un passo indietro...». Una mossa per rendere tutto il peso politico del voto sull’ex braccio destro di Tremonti, per far intendere che un "tradimento" del Carroccio stavolta sarebbe letale. «Ma no Silvio, non esiste... E poi se cadiamo andiamo al voto, niente ipotesi da fantascienza», promette Bossi anche in riferimento al presunto ticket d’emergenza Alfano-Maroni («Non penso che Bobo voglia mettersi in questa bega», confermerà il Senatur in serata). È l’inizio del disgelo. Il premier capisce che può insistere: «Avete visto cos’è successo a Papa? È ancora in carcere, da due mesi, nemmeno può venire in Aula a votare». Bossi annuisce, sul punto è d’accordo, e garantisce per i suoi sul voto di oggi. Maroni poco dopo confermerà. Reguzzoni in serata suggellerà la linea. Una stretta di mano tra Silvio e Umberto e si passa oltre, alle misure per la crescita che sta preparando Tremonti. Già, il superministro, il convitato di pietra nel giudizio parlamentare all’ex plenipotenziario del Tesoro. Giulio può tirare un mezzo sospiro di sollievo, e in serata dirama una nota che da un lato gli permette di non abbandonare Milanese, dall’altro ne distingue con nettezza la storia giudiziaria dal suo destino personale: «Ho sempre avuto fiducia nella giustizia, e ho sempre pensato che debba essere separata dalla politica».Incassato il «si» della Lega su Milanese, Berlusconi si prepara per il Colle. Prima però incontra il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri, preoccupato quanto lui dal mercoledì nero del gruppo in Borsa, messaggero delle preoccupazioni sul futuro del suo impero editoriale e anche, negli ultimi tempi, portavoce dei vari "salvacondotti" elaborati dalle opposizioni. «Non mi dimetto, lo sai, non gliela dò vinta...». Dunque, via da Napolitano. C’è l’ormai consueto sfogo sulla giustizia e sulla «persecuzione» cui sarebbe sottoposto, veicolo per accreditare l’imminente intervento parlamentare sulle intercettazioni, sul processo lungo e quello breve. Ma il capo dello Stato glissa e punta dritto sulla crescita, affidando al premier la totale responsabilità di ciò che potrebbe accadere al Paese senza misure appropriate e condivise. Il premier assicura di avere la forza necessaria per tirare l’Italia fuori dalle secche, e preannuncia l’intenzione di impegnare una Camera su giustizia e l’altra sullo sviluppo.Il capo dello Stato, di fronte a tali rassicurazioni su numeri e propositi, si affida alla prova dei fatti. Dunque si passa al dossier Bankitalia, aprendo la procedura che porta alla sostituzione di Mario Draghi (dal primo novembre vertice della Bce) con Fabrizio Saccomanni, la soluzione "interna" gradita al <+corsivo>management<+tondo> di Palazzo Koch, per la quale Berlusconi ha dovuto lottare contro Tremonti, sostenitore di Grilli, direttore generale del Tesoro. A fine serata Berlusconi tira il fiato e assicura ai suoi che Napolitano non gli chiederà un passo indietro. Ma è consapevole che le insidie non sono finite, e che anche sulla salvezza di Milanese ci sarà da tremare sino all’ultimo secondo.
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