martedì 8 giugno 2010
Per il Cavaliere l'azione della magistratura, con l'inchiesta sul mancato allarme in Abruzzo, starebbe mettendo a repentaglio l'opera di ricostruzione post-terremoto: si sarebbe creato un clima tale per cui la Protezione civile non può più mettere piede all'Aquila perché «rischia di essere aggredita dalla gente».
Intercettazioni, il premier "blinda" il testo alla Camera
Gli ostacoli rimossi e i nodi da sciogliere di D. Paolini
COMMENTA E CONDIVIDI
«Qui sta accadendo una cosa assurda: ho detto a quelli della Protezione civile di non andare più all’Aquila, perché diventa rischioso, per loro. Addirittura hanno contestato a Bertolaso di non aver previsto il terremoto... Siamo all’assurdo». Silvio Berlusconi, durante l’ufficio di presidenza del Pdl che dà il via libera al ddl intercettazioni, va di nuovo all’attacco di «certa magistratura». Un Cavaliere provato, riferisce chi c’era, estenuato da una triplice difficoltà: quella interna con Gianfranco Fini, quella con l’opposizione e quella congiunturale legata alla crisi, che frena l’attuazione della parte del programma cui tiene di più. Ma c’è anche un fronte enorme che si apre con la magistratura, che, sulle intercettazioni, avrebbe voluto arginare con un testo «più incisivo, com’era nel programma». E che ha indagato il governo con «trenta inchieste in cui sono stati accusati, a vario titolo, esponenti dell’esecutivo». Nel vertice del Pdl cita anche l’esempio del porto di Napoli che, nell’ambito di un’inchiesta su reati ambientali, «stavano per sequestrare e per fortuna siamo riusciti a fermarli», rivela. Una magistratura politicizzata «in modo organico», che sta impedendo «il governo del Paese».Poi, chiusa la riunione di partito Berlusconi si porta all’auditorium Parco della Musica all’assemblea di Federalberghi. Altra platea difficile, dopo il difficile feeling con quella di Confindustria, perché c’è in ballo la tassa per i turisti a Roma, difficile da far digerire. Ed è davanti ai rappresentanti degli albergatori che lo sfogo di Berlusconi diventa palese, a tratti dirompente. «La sovranità nel nostro Paese – dice, nel suo intervento – dovrebbe essere del popolo, ma oggi non è più del Parlamento. La sovranità è passata a questa corrente della magistratura e ai suoi pm, che attraverso la Corte costituzionale abrogano le leggi». Spiega la ragione per cui, sulle intercettazioni ha dovuto cedere: «Lobby dei magistrati e dei giornalisti ci hanno impedito di giungere ad un testo che difenda al cento per cento il nostro diritto di libertà». Ma è con i giudici che porta fino in fondo il suo attacco: «Respingono un cittadino innocente, dopo il primo grado, nel girone infernale dei processi perché vogliono dimostrare il loro teorema accusatorio, perché gli stai antipatico o solo per pregiudizio politico». Ed ecco, di nuovo, più esplicito, l’affondo contro il provvedimento della procura aquilana. «Mi hanno spinto a chiedere alla Protezione Civile di non da andare più all’Aquila, perché dopo la denuncia di mancato allarme da parte della magistratura qualche mente fragile che ha avuto morti sotto le macerie potrebbe arrivare a sparare». Dunque, la Protezione civile non deve andare più all’Aquila, «finché c’è l’indagine per omicidio colposo». In serata sul tema una precisazione del ministro dell’Interno Roberto Maroni: «Capisco Berlusconi, lui ha vissuto personalmente un attentato». Ma, ha aggiunto, «gli uomini della Protezione Civile ci sono all’Aquila e ci andranno ancora se ce ne sarà bisogno».Torniamo al premier. Parla da imprenditore a imprenditori, Berlusconi: «Il presidente del Consiglio non ha nessun potere», ribadisce. I padri costituenti «hanno frammentato tutto il potere senza riservarne alcuno al presidente del Consiglio», sbotta. E portare a compimento l’iter di una legge, in Italia, «è un calvario quotidiano. Un imprenditore, si sfoga, «magari non dorme la notte per valutare i rischi di una decisione ma poi, il mattino dopo, la mette in pratica mentre la legge non esce come avevi pensato e ti ritrovi un dromedario quando pensavi a un cavallo».Al governo, insomma, «non c’è niente che non sia faticoso», dice con al fianco il presidente di Ferderalberghi Bernabò Bocca. «Per fare una legge la studi con gli alleati, poi con il Capo dello Stato che deve firmare, i decreti in primis, poi si va nelle commissioni parlamentari, dove resta mesi, poi in Aula e poi nell’altra Camera dove si ricomincia daccapo e si torna all’altra». Insomma, «un giochino». Ma non basta: «Poi se la legge non piace a un pm di Magistratura democratica vanno alla Corte Costituzionale e si fanno abrogare la legge». E allora Berlusconi recita la parte di chi s’arrende: «Potevo solo decidere l’ordine del giorno del Consiglio dei ministri ma l’ho dato il primo giorno a Gianni Letta e non ho neanche quello».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: