giovedì 25 novembre 2010
Casini: premier in stato confusionale, meglio se si dimette. Ma la partita vera inizia il 15. Il Cavaliere va all’attacco: nessun passo indietro, semmai lo faccia Fini, che non è superpartes. E ai centristi manda a dire: supportatemi, pensate al Paese e non al vostro tornaconto.
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Torna alla carica Silvio Berlusconi, più deciso che mai, menando fendenti a destra e manca. E in una conferenza stampa a Palazzo Chigi spazza via dal tavolo ogni ipotesi (dimissioni, apertura della maggioranza, nuovo governo) che non coincida con la sua personale visione della crisi: ovvero o si va avanti con l’attuale governo o si finisce direttamente alle urne. Il tono è pacato, a tratti allegro. Ma le dichiarazioni sono pesanti. Come quella rivolta all’Udc e che gli uomini di Casini considerano come un vero e proprio schiaffo.Sì, perché di fronte alla richiesta dei centristi di dar vita a un nuovo governo con un nuovo programma, il Cavaliere propone invece che siano essi a dare «l’appoggio esterno» al suo governo il 14 dicembre. Spiega il presidente del Consiglio: «I "signori" dell’Udc hanno perso un’enorme occasione, un’occasione straordinaria», quando «era in atto il distacco dal Pdl dei cosiddetti finiani». In quel frangente, spiega il premier, «con la crisi globale, era assolutamente importante continuare con un governo solido, per i tre anni a seguire. E lì c’era l’occasione per l’Udc di avanzare un appoggio esterno». Ma, avverte Berlusconi, questa occasione «si può ancora verificare ed è il suggerimento che do all’Udc». Un partito – è l’ultimo affondo – che «oggi avrebbe la possibilità di dimostrare di essere interessato al bene del Paese e non solo al tornaconto del proprio leader».Pier Ferdinando Casini non l’ha presa bene. Alla Camera, a caldo, ha ironizzato sul «consiglio» del premier: «Ma com’è buono, com’è generoso, com’è premuroso!». Poi, dopo qualche ora, ha risposto abbastanza piccato: «Per quanto riguarda i tornaconti, diciamo che parla un esperto! Il bene del Paese, noi l’abbiamo sempre fatto appoggiando i provvedimenti che il governo portava in Parlamento se li ritenevamo positivi». Poi è passato al contrattacco: «Sono un po’ preoccupato perché vedo il presidente del Consiglio in uno stato confusionale preoccupante». E ha ribadito: «Noi siamo sicuramente intenzionati a non votare la fiducia. E a Berlusconi diciamo: se vuoi il bene del Paese dimettiti e apri una fase nuova. Ma mi sembra che la logica di Berlusconi sia di tirare a campare e tenersi ben stretta la poltrona alla faccia dell’interesse del Paese». Nonostante il duro scambio di battute, da una parte e dall’altra non si dà ancora per scontata la rottura e si guarda oltre il 14 dicembre.Berlusconi, nella conferenza stampa, se l’è però presa anche con Gianfranco Fini: «Il passo indietro dovrebbe farlo qualcun altro, il presidente della Camera per primo. Visto come si è comportato da presidente della Camera, che dovrebbe essere super partes, e invece è stato parte in maniera assoluta arrivando addirittura a dare vita a un nuovo partito politico». Un passo indietro che, però, non è una richiesta di dimissioni di Fini, secondo quanto precisato successivamente dal sottosegretario Paolo Bonaiuti. Pare anche per favorire l’atteggiamento positivo di Fli sulla riforma universitaria.Nel campo della sinistra, va segnalato l’incontro tra il segretario del Pd Pierluigi Bersani e il leader di Sel NichiVendola, ufficialmente per parlare di riforma dell’università. Le posizioni sul futuro della legislatura tra i due però continuano a divergere. Vendola, infatti, ritiene che sia necessario andare subito al voto: «Il galleggiamento è il miglior richiamo per gli speculatori internazionali». Dunque «elezioni subito per non far pagare a un Paese ormai in apnea la deflagrazione del centrodestra».
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