sabato 27 febbraio 2021
Libera presenta il rapporto "RimanDATI" . Il 62% non fornisce adeguate informazioni su terreni e immobili tolti ai clan e assegnati alle amministrazioni. Molto male il Sud ma anche il Nord
Beni confiscati, nei Comuni poca trasparenza

Foto Mira

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Trasparenza “insufficiente” nei comuni italiani per quanto riguarda i beni confiscati. Lo denuncia Libera presentando “RimanDATI” il primo Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, primo appuntamento di una serie di iniziative in occasione dell’anniversario dei venticinque anni dall’approvazione della Legge 109 del 1996 che ha introdotto l’utilizzo a fini sociali dei beni tolti alle mafie.

Quella dei comuni non è una bocciatura, come si capisce dal titolo della ricerca. “L'esito di questo “esame” cui abbiamo sottoposto i comuni - spiega l’associazione guidata da don Luigi Ciotti - ci impone di fare come per gli studenti e le studentesse che non riescono a superare a pieni voti l’anno scolastico e che, per questo, vengonorimandati a settembre”. Il nostro esame di riparazione dovrà avere i tempi e i modi di un’azione civica che induca i comuni a conformarsi pienamente a quanto impone loro la legge. Il nostro non vuole essere un giudizio tranchant, una bocciatura perentoria. Al contrario, noi chiediamo dati pubblici e di qualità perché siamo convinti che essi ci permettano di prenderci cura di un bene comune oltre la logica del mero accesso civico, in un clima positivo e costruttivo di cooperazione con le amministrazioni”.

Ricordiamo che i beni mafiosi dopo la confisca vengono assegnati ai comuni che li utilizzano direttamente (scuole, uffici, ecc.) o li assegnano con bando pubblico ad associazioni, cooperative, parrocchie, ecc. Per questo la trasparenza è fondamentale. Per evitare che i beni sia lasciati in stato di abbandono o finiscano in pessime mani, addirittura tornando ai mafiosi, come è accaduto non poche volte. In questo pur se non è una bocciatura, l’immagine dei comuni non è certo positiva, soprattutto in alcuni territori. Su 1.076 comuni monitorati ben 670 comuni italiani destinatari di beni immobili confiscati non pubblicano l’elenco sul loro sito internet, così come previsto dalla legge, pari al 62% del totale. Il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud comprese le Isole con ben 392 comuni che non pubblicano elenco, segue il Nord con 213 e il Centro con 65.

A livello regionale tra le piùvirtuose” che raggiungono o superano il 50% dei comuni che pubblicano l’elenco troviamo la Basilicata con il 67% dei comuni, Marche con il 60%, Emilia Romagna e Liguria con il 50% e Lazio che con il 49% si avvicina di molto. Tra le regioni meno trasparenti ci sono l’Umbria dove solo il 14% dei comuni pubblica l’elenco, Trentino Alto Adige (25%), Abruzzo (26%), Sardegna (27%) Toscana e Veneto (31%), Lombardia (32%) Campania (34%).

“Il report – commenta Davide Pati, vicepresidente nazionale di Libera - analizza l’operato dei comuni e ad essi si rivolge: sono loro gli enti più prossimi al territorio e il primo fronte per l’esercizio della cittadinanza; potenziare le loro effettive capacità di restituzione alla collettività del patrimonio sottratto alla criminalità non va inteso solo come l’adempimento di un onere amministrativo, ma come un’opportunità dibuon governodel territorio. Quando riconsegnati alle autonomie locali, i beni confiscati alle mafie rappresentano una questione eminentemente politica e per deciderne efficacemente il destino occorre favorire forme innovative di organizzazione sociale, economica e istituzionale ispirate ai principi della pubblica utilità e del bene comune. Se questo è vero, ne discende che la conoscibilità e la piena fruibilità dei dati, delle notizie e delle informazioni sui patrimoni confiscati non possono che essere a loro volta considerati elementi di primaria importanza. Ecco – conclude Davide Pati -perché insistiamo nel ritenere che la trasparenza, anche in questo ambito, debba e possa essere considerata anch’essa un bene comune, in ciò confortati dalle previsioni normative del Codice Antimafia, che impongono agli Enti Locali di mettere a disposizione di tutte e di tutti i dati sui beni confiscati trasferiti al loro patrimonio, pubblicandoli in un apposito e specifico elenco".

La ricerca analizza nello specifico le modalità di pubblicazione degli elenchi anche su scala regionale. Sui 406 comuni che hanno pubblicato elenco è stato costruito un ranking mediato nazionale: su una scala da 0 a 100 la media è pari a 49.11 punti. Ed emerge un quadro generale di grande criticità. Sono 11 le regioni che sono al di sotto della media regionale: Abruzzo, Basilicata, Campania, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia, Umbria con valori che variano da una media 42 a 48. Bocciate Sardegna, Molise,Friuli Venezia Giulia e Valle d'Aosta. È stato poi realizzato un focus su alcuni capoluoghi di regione: ottime le performance di Milano (90.43), Genova (80.87), Roma (80.87) e Napoli (76.52). Oltre la sufficienza Reggio Calabria (65.22) e Palermo (61.72). Solo Bologna (42.61) e Firenze (46.96) non riescono a superare la media di 49.11 del ranking nazionale.

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