sabato 21 ottobre 2017
Il premier: toccherà a noi decidere. I ministri Pinotti e Calenda: un errore quella mozione contro il numero uno di Bankitalia Ignazio Visco. E c'è un ruolo anche per Draghi
L'allora presidente del Consiglio Matteo Renzi con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni nel 2015 (ANSA/ANGELO CARCONI)

L'allora presidente del Consiglio Matteo Renzi con il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni nel 2015 (ANSA/ANGELO CARCONI)

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Bankitalia, è l’ora della tregua. Spenti gli ultimi fuochi dell’offensiva anti-Visco di Matteo Renzi, il governo riprende in mano il delicato dossier della riconferma o meno del governatore. Non che Renzi abbia cambiato idea, né è turbato più di tanto dalla gragnuola di colpi (l’ultimo della serie da Romano Prodi) convinto com’è di intercettare un sentimento diffuso che questa levata di scudi potrebbe addirittura - nella sua visione delle cose - aver rinforzato. Ma quel che ha detto ha detto, e ora tocca al governo decidere.

Paolo Gentiloni da Bruxelles affronta l’argomento, ma delle decisioni, avverte, «non parlo nemmeno sotto tortura». Torture no, ma le domande fioccano, per il premier, alla conferenza stampa di chiusura del vertice Ue. «È un compito rilevante che spetta in parte al governo», risponde alludendo al necessario concerto che deve esserci con il capo dello Stato, per una proposta che dovrà venire dal consiglio dei ministri. «Il governo prenderà le sue decisioni, nel rispetto delle prerogative di legge e dell’autonomia della Banca d’Italia, ma non facciamo indiscrezioni su cose di questo genere».

Certo, ci sono stati momenti difficili con Renzi, come la limatura della mozione al telefono mentre il treno del Pd faceva sosta a Civita Castellana. Ma nessuna frizione, assicurano entrambi. «Chi fa politica non prescinde mai dalle opinioni dei partiti. Le opinioni politiche sono legittime», dice il premier.

Ma, «i rapporti tra il governo e il partito di maggioranza relativa, di cui mi onoro di far parte, sono fondamentali e ottimi, in generale, dopodiché noi decidiamo avendo in mente l’interesse del Paese». Renzi legge dal suo tour in Puglia e 'ritwitta', fa suo cioè, il concetto su Twitter. Le parole di Gentiloni lasciano intendere che - come Renzi ha detto apertamemente, d’altronde - se il premier dovesse orientarsi sulla riconferma di Visco, il cui mandato scade a fine mese, non lo si dovrebbe leggere come un vulnus nei rapporti con il segretario.

Ma è tutt’un susseguirsi di prese di distanza dalle 'pressioni' venute dal loro partito, fra i ministri di area Pd. Il più netto è Carlo Calenda: «Questo incidente - dice in riferimento alla mozione del Pd - prima rientra e meglio è». Anche il ministro dello Sviluppo riconosce ai partiti il diritto di dire la loro, ma mai come in questo caso - spiega la «forma» è anche «sostanza» e «fare una mozione è il modo sbagliato di procedere, una leggerezza».

Una «mozione sull’indirizzo di Bankitalia forse non doveva essere messa in discussione in Parlamento», si allinea Roberta Pinotti, ministro della Difesa e renziana. Governo unito, quindi, anche se, annota Andrea Orlando, leader della minoranza interna, «non ha mai discusso di quest’argomento, quindi non ci possono essere divisioni». E dalla vicenda il ruolo dell’esecutivo esce rafforzato dall’ombrello del Quirinale, uscito allo scoperto a difendere l’autonomia di Bankitalia e le prerogative dell’esecutivo nel farsene garante. Certo, la politica rivendica di poter dire la sua opinione. E se il Pd ha detto la sua, Forza Italia attraverso Silvio Berlusconi (pur accusando il Pd di invasione di campo e di voler imporre i suoi nomi) è arrivato un’altra bocciatura, per Visco. Ma a ritenere 'spacciato' il governatore sarebbe davvero frettoloso.

È lo stesso Calenda a ricordare che lo scenario in cui la scelta dovrà maturare è molto più ampio. «Il ruolo di Bankitalia non è solo interno, ma anche esterno», dice il ministro dello Sviluppo, citando la discussione aperta in seno alla Bce in merito alle nuove norme sugli Npl, i crediti deteriorati, tema di cui aveva parlato con gli stessi toni anche Gentiloni a Bruxelles: «Se passa un criterio restrittivo, il rischio è che le imprese possano attingere meno al credito bancario, e questa è una battaglia che si fa in sede europea », ha ammonito Calenda. Inserendo di fatto un altro attore nella partita, Mario Draghi, che certamente invocherà continuità. Principio che mette in corsa per la successione il direttore generale Salvatore Rossi o il vicedirettore Fabio Panetta. Ma che tiene in piedi anche l’ipotesi della riconferma di Visco, in ottimi rapporti con il governatore della Bce che - in una contesa sempre più complessa - potrebbe alla fine rivestire un ruolo decisivo.

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