giovedì 19 settembre 2013
Variati (Anci) regole più severe. Il Tesoro: l’anno passato, 50 miliardi bruciati alle slot. Il sindaco di Vicenza chiede anche l’inserimento della ludopatia nei livelli essenziali di assistenza «Nella mia città gli unici negozi che aprono sono i compro oro e le sale da gioco». (Luca Liverani)
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Il gioco d’azzardo legale in Italia rischia di «degenerare» in un fenomeno «dannoso per la società», con «ricadute sociali sui settori più fragili come i giovani e i lavoratori a basso reddito». Urge una legge quadro nazionale, chiede a gran voce per l’Anci il sindaco di Vicenza, Achille Variati. Nell’attesa, però, servono interventi immediati: tasse più alte per le imprese concessionarie, per finanziare la cura delle ludopatie, e una moratoria sulla concessione di nuove licenze, come propone il senatore Giovanni Endrizzi del Movimento 5 Stelle.Occasione per ribadire l’urgenza di interventi regolatori è il convegno sul mercato del gioco d’azzardo in Europa, organizzata da Business International. In tempi di crisi il settore riesce a incrementare l’occupazione: più 10% nel 2011, con 1.500 nuovi posti a tempo pieno. E il Tesoro segnala che nel 2012 gli italiani hanno giocato 50 miliardi alle slot machine - vincendone poco meno di 40- cioè più della metà della spesa totale.«Nessuno vuole fare proibizionismo o crociate – premette il delegato Anci, Achille Variati – ma bisogna cercare insieme di non far degenerare un fenomeno. Il problema è la ricaduta sociale sui settori fragili della comunità», sottolinea il sindaco vicentino. «Quando percentuali importanti di giovani si avvicinano al gioco, quando la Corte dei conti dice che la grande crisi spinge tanti a tentare il sogno, quando a giocare sono soprattutto i lavoratori a reddito basso o saltuario, allora bisogna mettere alcune regole».Un esempio? «Se una fabbrica produce emissioni inquinanti, nella pianificazione urbanistica non la metto nel centro urbano, ma al posto giusto. Ha senso una sala scommesse davanti a una scuola?». Ma il settore "tira", nonostante tutto: «Se il gioco cresce in tempi di crisi – dice il sindaco pd – non è un caso: anche i "compro oro" stanno proliferando». L’Anci chiede dunque che «il decreto Balduzzi concluda l’inserimento della ludopatia nei Livelli essenziali di assistenza, per rendere reale il diritto alla cura e il mantenimento del posto di lavoro». Ma soprattutto «serve una legge quadro, che rafforzi le competenze dei Comuni: non per dire "no"; ma per dire "dove"».Ancora più netto Giovanni Endrizzi. Per il senatore pentastellato «bisogna partire dalla comprensione epidemiologica del fenomeno: serve una ricerca validata e indipendente, non finanziata dalle concessionarie. Se già il Dipartimento politiche antidroga nel 2012 affermava che quasi il 7% dei giovani tra i 15 e i 19 anni presenta profili riconducibili al gioco patologico, dovrebbe essere prioritario osservare un principio di cautela». Endrizzi ricorda che i costi socio-sanitari dell’azzardo, calcolati parametrando sull’Italia uno studio svizzero, ammonterebbero a 5,6 miliardi di euro. Vanificando di fatto gli incassi che l’erario trae dal gioco. Se un’industria che inquina va tassata di più per compensare i danni a persone e ambiente – dice – così anche per il gioco, che comporta costi socio-sanitari, occorre un’imposizione fiscale più pesante. E se le imprese dicono che non c’è più convenienza, pazienza: non possiamo scaricare i costi dell’arricchimento di alcuni sulla comunità». Il senatore del M5S chiede poi «una moratoria sulla concessione delle licenze per fermare questa emorragia». Una volta in possesso di studi ampi e approfonditi poi «si potrà anche prendere in considerazione un giro di vite». Ad esempio «identificando i giocatori con una card elettronica, per frenare gli eccessi fissando un tetto per tempi di gioco e denaro». Proposte che il M5S ha inserito come emendamenti nella legge di delega fiscale, in arrivo al Senato. Ma Endrizzi non esclude l’ipotesi di «tornare a una situazione antecedente al 1997», anno di avvio della liberalizzazione: «Se scopriamo che un farmaco è cancerogeno, che facciamo? Lo lasciamo in commercio perché ci sono gli investimenti della ricerca da ammortizzare?».
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