sabato 11 luglio 2020
I vertici di Aspi potrebbero presentare oggi a Palazzo Chigi la loro proposta che prevede più investimenti e taglio delle tariffe. Martedì il Consiglio dei ministri per decidere sull'offerta
Adesso si tratta sulle quote, Atlantia disposta a scendere sotto il 50%

Reuters/Alessandro Bianchi

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A voler dar retta ai rumors di Piazza Affari la revoca della concessione ad Autostrade sarebbe un po' più lontana. Dopo il tonfo dell'8% di giovedì a seguito dell'ultimatum del governo, ieri in Borsa il titolo di Atlantia, la società dei Benetton controllante di Aspi, ha recuperato un paio di punti. Un cambio di "clima" che poggerebbe sull'ipotesi di un aumento di capitale con risorse pubbliche che porterebbe in minoranza la quota dei Benetton nella concessionaria autostradale rafforzando nel contempo l'azienda oggi valutata, dal punto di vista del rating, al livello "spazzatura".
Ieri sera è tornato a riunirsi il consiglio d'amministrazione di Atlantia, che ha dato mandato all'ad Roberto Tomasi di mettere a punto una lettera per il governo con una proposta "migliorata" rispetto a quella di marzo, per risolvere la disputa. E secondo l'agenzia di stampa Reuters, fra gli elementi ci sarebbe anche la disponibilità a scendere sotto il 50% del capitale, dall'attuale 88%, per far posto a un investitore statale.
Ma l'unica cosa certa della vicenda è che stavolta i tempi della soluzione sembrano davvero stretti e forse potrebbe arrivare già oggi a palazzo Chigi il pacchetto di novità su cui i vertici di Aspi stanno lavorando, aumentando gli investimenti (si parla di 700 milioni aggiuntivi di manutenzione rispetto a quelli programmati nel 2018) e tagliando le tariffe. Il premier Giuseppe Conte ieri ha premuto ancora il piede sull'acceleratore: «O da Aspi arriva in extremis una proposta alla quale il governo non potrà dire di no perché particolarmente vantaggiosa per la parte pubblica, o tra poco ci sarà il provvedimento di revoca della concessione ad Autostrade». Un aut aut che risponde anche a logiche negoziali ma da cui sarebbe comunque difficile tornare indietro. «Noi ci occupiamo di tutelare l'interesse di tutti i cittadini italiani, alla manutenzione, alla sicurezza delle infrastrutture, agli investimenti e all'equilibrio economico-finanziario delle concessioni. Non possiamo regalare soldi a nessuno, men che meno ai privati», ha spiegato Conte, definendo «non accettabili» le offerta transattive già presentate dall'azienda. Il governo ha chiesto ad Aspi di presentare entro domani una nuova proposta: che dovrebbe comprendere una sensibile riduzione dei pedaggi, sanzioni in caso di mancate manutenzioni oltre a un adeguamento delle risorse compensative dopo la tragedia del Morandi. Se così non sarà la strada è tracciata: la revoca della concessione.
«Abbiamo ancora poche ore», ha detto anche il ministro delle Infrastrutture, Paola De Micheli. Lunedì mattina è in programma un Consiglio dei ministri, ma quello decisivo potrebbe tenersi martedì. Per Atlantia mantenere il controllo di Aspi non è più una pregiudiziale, appunto. Un aumento di capitale (con Cdp e il fondo F2i, ma si parla anche del fondo australiano Maquarie) consentirebbe di diluire le quote di possesso. Ma c'è da risolvere il nodo del prezzo.
L'esigenza di fare presto è soprattutto politica. Il rischio di una deflagrazione della maggioranza aumenta. La sentenza della Consulta che ha dichiarato non illegittimo estromettere Aspi dalla ricostruzione del ponte di Genova ha rafforzato la linea dura del M5s. Il Pd chiede di decidere subito, ma non esclude una soluzione concordata coi Benetton.
«Non abbiamo mai chiesto rinvii», chiarisce il vicesegretario del Pd Andrea Orlando (replicando alle accuse di attendismo dell'ex ministro Danilo Toninelli): ma se la soluzione «si realizza con la revoca o con un radicale assetto societario, tocca al governo dirlo», aggiunge. Per il M5s invece la parola d'ordine è: via i Benetton. Ma non è chiaro se ciò si possa tradurre solo nella revoca o basterebbe l'uscita della famiglia veneta dalla cabina di comando. «Secondo noi i Benetton devono uscire dalla gestione delle nostre autostrade. Noi non abbiamo dubbi, se qualcuno poi ha altre idee noi siamo disponibili anche a lasciar perdere tutto e andare via, gli lasciamo il Paese», ha detto il viceministro allo Sviluppo economico Stefano Buffagni senza chiarire del tutto il punto. Mentre all'opposto Iv non vuole la revoca, che aprirebbe un contenzioso miliardario tra lo Stato e gli attuali concessionari, con esiti non scontati.


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