sabato 10 agosto 2013
​Il premier rivendica contro «i detrattori» il dato dello spread a quota 250, sceso ai minimi dopo due anni: «Si era fatta indigestione di questo termine, ora nessuno ne parla più». Il capo dello Stato a pranzo con i vertici del Pd a Castel Porziano affronta anche il tema delle riforme: «Ora si rafforzi il dialogo, senza contare sempre sulla mia ciambella di salvataggio».
Guerra dell'Imu, scintille Berlusconi-Epifani
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La fiducia torna sui mercati, ma attenti a non mollare la presa. Palazzo Chigi e Quirinale all’unisono si spendono per richiamare i partiti alle loro responsabilità, in un clima di grande fibrillazione pre-ferie, nella giornata che archivia definitivamente il decreto del fare ma vede inasprirsi al massimo la tensione fra Pd e Pdl sul tema dell’Imu. Enrico Letta rivendica la ritornata fiducia dei mercati, dimostrata dallo spread «ai minimi» - che tocca per la prima volta dopo due anni la quota psicologica di 250 - fiducia che «è figlia della stabilità. Spero - auspica Letta - che la politica italiana non dimentichi l’importanza dei tassi di interesse. Ho l’impressione che di spread si sia parlato tanto nel 2011, poi come spesso avviene in Italia dopo l’indigestione non se ne parla più». Ma anche se «tempeste, onde e marosi» non mancano «la nave si dimostra più solida di quel che pensano i detrattori».Sullo sfondo resta la tensione per la condanna a Silvio Berlusconi sui diritti Mediaset e anche di questo si è parlato ieri in un incontro a pranzo che la delegazione del Pd ha avuto con Giorgio Napolitano nella tenuta presidenziale di Castel Porziano. Incontro che dal Quirinale viene spiegato nel quadro di un giro di ricognizione che il capo dello Stato sta facendo con tutti i partiti, ma è chiaro che il Pd riveste un ruolo cruciale in questa fase delicatissima. Napolitano si è fatto riferire sui temi più spinosi in agenda, senza naturalmente entrare nel merito delle singole questioni, che hanno toccato soprattutto il tema delle riforme, come conferma la presenza, all’incontro anche della presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato Anna Finocchiaro, oltre al segretario Guglielmo Epifani e i capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda. Fra i temi trattati anche la legge elettorale, che finalmente arriva all’esame delle Camere e da parte di Napolitano non c’è stato neanche bisogno di ribadire, essendone anticipato dagli interlocutori, che non è nemmeno pensabile di andare al voto con questa legge su cui pende un giudizio della Consulta che tutti pronosticano poter essere avverso. Dal capo dello Stato è arrivato però l’invito pressante a una più leale collaborazione in quella che continua ad essere una maggioranza «necessaria», senza contare sulla «scialuppa di salvataggio» del Quirinale, caricato a volte di oneri che non gli possono essere attribuiti. Perché la crisi non è scongiurata, e se si avvertono i primi segnali di una ritrovata fiducia, c’è da farsi carico delle ferite sociali e di una ripresa che ancora non si intravede.«I segnali di crescita ci sono», dice Letta. Ma c’è anche «il clima sociale molto faticoso e pieno di difficoltà che tutti conosciamo. Ed è questo il rischio più grande per l’autunno», avverte il premier. Il rischio «di un autunno e di un 2014 in cui ripartirà la crescita ma disaccoppiata rispetto alle dinamiche occupazionali» mette in allarme l’esecutivo, col premier che invita i partiti a non farsi accecare da temi divisivi, a fronte di questioni che sono priorità comuni e che ritarda ad aggredire. «Sappiamo benissimo che questa ripresa rischia di essere una ripresa di crescita senza lavoro. Questo è il grosso rischio che c’è - sottolinea Letta -, ma noi vogliamo lavorare perché non sia anemica. È necessario legare la crescita al lavoro».
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