giovedì 23 settembre 2010
Assessore alla Sanità e imprenditore ai domiciliari. Al centro dell’inchiesta la costruzione di un impianto di bioessiccazione. Tra i dieci indagati due senatori del Pdl. Le accuse vanno dalla corruzione al peculato. Le difese degli indagati: siamo sereni.
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Mazzette, appalti a chiamata diretta e, spremendo i rifiuti, affari per tutti, politica compresa. L’hanno già ribattezzato Rifiutopoli, il nuovo scandalo che ieri ha fatto tremare l’Abruzzo e le sue cariche più alte. È una ragnatela «ben oleata e operosa» tra politica e imprenditori della monnezza quella ricostruita in due anni d’indagine dalla procura di Pescara che ha portato agli arresti domiciliari l’assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni e l’imprenditore pescarese Rodolfo Di Zio, titolare della Deco. Ma l’inchiesta, che sembra essere solo la punta di un iceberg del malaffare, vanta altri dieci indagati eccellenti, tra cui i senatori del Pdl Paolo Tancredi e Fabrizio di Stefano, il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi, nonché l’ex assessore regionale all’Ambiente Daniela Stati, già coinvolta nell’inchiesta post terremoto sugli appalti addomesticati.Corruzione, peculato, abuso d’ufficio. Per Team e Deco spa gli illeciti ipotizzati si muovono sullo sfondo di una montagna di intercettazioni; la prima, azienda di gestione pubblica dei rifiuti della città, presieduta fino al novembre 2009 dall’assessore Venturoni, la seconda dai fratelli Rodolfo e Ettore Di Zio. Al centro del fitto intreccio di soldi e politica il progetto di un impianto di bioessiccazione di rifiuti a Carapollo, nel Teramano, da realizzare sui terreni della Team. Secondo l’accusa, Rodolfo Di Zio, dal 2006 al 2009 avrebbe elargito denaro anche finanziando la campagna elettorale dei sindaci di Teramo e di Pescara al fine di ottenere l’appalto del termovalorizzatore senza gara. L’assessore Venturoni, invece, avrebbe messo a disposizione la Team per riuscire nel progetto, forte anche della sua carica in Regione. Ma c’è di più. Per ottenere il via libera all’impianto di bioessiccazione senza gara pubblica, i fratelli Di Zio avrebbero promesso a Venturoni una quota dei profitti dell’affare. In molte occasioni inoltre, sostiene l’accusa, gli avrebbero versato denaro contante e garantito posti di lavoro per amici e conoscenti. Le promesse degli imprenditori monopolisti dei rifiuti in Abruzzo però sarebbero diventate ben presto anche finanziamenti sonanti, tramite il coinvolgimento dei due senatori Pdl, da destinare alla campagna per le amministrative del 2009. Il fulcro della connection dei rifiuti resta per l’accusa Venturoni, all’epoca al vertice del cda Team. Lui, difatti, avrebbe messo in atto un piano di svuotamento della società per favorire la Deco, deliberando in autonomia l’acquisto del 60% delle quote della Tecnogyl srl, creata con capitale Deco. Sempre l’assessore avrebbe acquisito il progetto per la costruzione dell’impianto cedendolo alla Deco per 76mila euro, un prezzo irrisorio rispetto a quello di mercato. Pesanti anche le accuse per il senatore Di Stefano che, secondo gli inquirenti, avrebbe fatto pressioni sull’assessore Stati per commissariare la discarica di Lanciano (di proprietà del consorzio La Morgia, maggior concorrente dei Di Zio) ed evitare la realizzazione di un impianto di biocompostaggio dei rifiuti, un sicuro danno per i fratelli imprenditori. La Stati è accusata di favoreggiamento.
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