giovedì 14 novembre 2019
Dieci braccianti africani lavorano le terre confiscate alla 'ndrangheta calabrese e grazie a diocesi, Libera e Unicoop Firenze gli agrumi vengono venduti nella grande distribuzione
Alcuni dei braccianti che lavorano nella coltivazione delle arance della cooperativa Valle del Marro

Alcuni dei braccianti che lavorano nella coltivazione delle arance della cooperativa Valle del Marro

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Nella piana di Gioia Tauro c'è anche chi non sfrutta i braccianti immigrati, ma dà lavoro vero, regolare, pulito. E lo fa sui terreni confiscati alle più famose e potenti cosche di 'ndrangheta. È la cooperativa Valle del Marro, che per il decimo anno ha assunto i giovani lavoratori africani che in queste settimane stanno arrivando per la raccolta delle olive, dei kiwi e degli agrumi. Si tratta di dieci braccianti di diversi Paesi che da alcuni giorni stanno lavorando nei campi della Piana grazie al sostegno di Unicoop Firenze e della Fondazione Il Cuore si scioglie, che finanzia le borse di lavoro per gli immigrati i quali possono così accedere a un percorso formativo e lavorativo nella cooperativa sociale: formazione che servirà anche in futuro per meglio porsi sul mercato del lavoro anche in altri territori.
Un impegno che parte da lontano. I primi tre ragazzi, nel maggio 2010, erano stati Moussa, Yakouba e Godwin, reduci dalla rivolta di Rosarno del 7 gennaio dello stesso anno, che portò in piazza i lavoratori immigrati contro lo sfruttamento e le violenze della 'ndrangheta, dei caporali e degli imprenditori. Un impegno non da poco: i dieci braccianti immigrati sono, infatti, il 50% degli stagionali assunti dalla cooperativa.
La Valle del Marro, nata nel 2004 per iniziativa della diocesi di Oppido-Palmi e di Libera e col sostegno del Progetto Policoro della Cei, ha da dodici anni al suo fianco Unicoop Firenze, che commercializza i suoi prodotti secondo la filosofia che «il carrello della spesa deve portare legalità e diritti». Così si fa promotrice di una filiera legale ed etica e garantisce l'origine degli agrumi che commercializza, permettendo allo stesso tempo alla Valle del Marro di arrivare sui banchi della grande distribuzione e farsi conoscere al consumatore finale.
Al progetto contribuiscono anche il Poliambulatorio di Polistena di Emergency, anch'esso in un bene confiscato, che fornisce assistenza medica gratuita di base e orientamento socio-sanitario ai migranti per facilitare l'accesso al sistema sanitario; la Cgil della Piana di Gioia Tauro, che fornisce formazione sui diritti del lavoratore e si occupa anche del disbrigo delle questioni burocratiche per l'assunzione, per l'indennità di disoccupazione, e altri documenti; lo Spi-Cgil della Piana di Gioia Tauro, che organizza incontri formativi sulla Costituzione.
«Vogliamo evidenziare – sottolinea Domenico Fazzari, presidente della Valle del Marro – che il costo sostenuto dal consumatore per l'acquisto delle nostre clementine e arance bio è garanzia di una sostenibilità economica e consente alla cooperativa sociale di mettere al centro il lavoro dignitoso e competente delle persone, pur affrontando enormi difficoltà di gestione che dipendono dalle intrinseche caratteristiche dei terreni confiscati. Una "buona" spesa può contribuire a cambiare il volto di quei territori dove i diritti continuano a essere violati».
A conferma del valore dell'iniziativa oggi il ministro dell'Istruzione Lorenzo Fioramonti e il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, incontreranno soci e lavoratori della cooperativa. Ministero e Commissione stanno infatti per firmare un protocollo per progetti di alternanza scuola-lavoro da realizzare proprio sui beni strappati alle mafie. «Una rivoluzione culturale, un nuovo modello di cittadinanza. Finalmente anche le scuole inizieranno a collaborare con le associazioni e le cooperative che operano sui beni confiscati», spiega Morra. E si comincia proprio dalla Valle del Marro che da anni, autonomamente, realizza progetti di alternanza scuola-lavoro.

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