mercoledì 11 aprile 2018
Il 6 agosto muore Paolo VI e gli succede, per un mese, Luciani. Il 16 ottobre viene eletto Wojtyla. Al Colle, dopo le dimissioni di Leone, arriva il socialista «operaio»
Paolo VI con il patriarca di Venezia Albino Luciani il 16 settembre 1972 (Siciliani)

Paolo VI con il patriarca di Venezia Albino Luciani il 16 settembre 1972 (Siciliani)

COMMENTA E CONDIVIDI

Anni così capitano raramente. Per fortuna, verrebbe voglia di dire. Quando però la cosa succede, l’anno in questione lascia segni profondi nell’immaginario collettivo ed entra di diritto nella grande storia: stiamo parlando del 1978, cioè del caso Moro per quanto riguarda l’Italia, dei tre Papi per quanto riguarda la Chiesa universale, e ce ne sarebbe abbastanza per riempire dozzine di libri, invece di essere costretti a condensare tutto in poche righe.

Bastasse questo. Il ’78 porta mutazioni profonde nell’assetto della società italiana. Un esempio? Il 13 maggio, appena quattro giorni dopo l’assassinio di Aldo Moro, viene approvata la legge 180, la cosiddetta legge Basaglia dal nome di Franco Basaglia, psichiatra, propugnatore di una concezione moderna, controcorrente, rivoluzionaria della salute mentale. Il provvedimento chiuderà i manicomi dove gli internati sono centomila, ed è un passo avanti nella direzione della piena umanizzazione della medicina, anche di quella psichiatrica.

Una legge positiva, sicuramente. Non altrettanto si può dire di un testo approvato in via definitiva il 22 maggio con uno scarto di pochi voti: «Norme per la tutela sociale della maternità», recita la prima parte del titolo, e fin qui nulla di male, anzi. Ma poi – in cauda venenum – c’è un seguito: «e sull’interruzione volontaria della gravidanza». Ah, ecco, ci siamo: è la legge che rende possibile liberarsi di un figlio indesiderato, è la famosa 194 che depenalizza – cioè di fatto introduce – l’aborto in Italia, contrabbandando come grande conquista una violenza contro la vita. Neppure il successivo referendum popolare potrà fare nulla. Siamo o non siamo un Paese diventato di colpo più moderno e civile?

Lo choc per l’uccisione di Moro non è ancora pienamente superato quando il Parlamento si riunisce in seduta congiunta per un importante adempimento costituzionale: il presidente della Repubblica Giovanni Leone si è dimesso a seguito delle polemiche innescate da voci su presunte irregolarità sue e dei suoi familiari, quindi occorre eleggere il successore. La spunta il 9 luglio un avvocato di Savona di 82 anni, socialista, icona dell’antifascismo, incarcerato e poi esule in Francia, combattente partigiano e infine presidente della Camera. Si chiama Sandro Pertini. Nel discorso di insediamento risuonano frasi che potrebbero essere tranquillamente pronunciate oggi, a quattro decenni di distanza, tanta è l’attualità che conservano: «Bisogna sia assicurato il lavoro di ogni cittadino... La disoccupazione è un male tremendo che porta anche alla disperazione». Lui lo sa bene: «Ho dovuto fare l’operaio per vivere onestamente». Subito cambia anche lo stile ingessato del Quirinale.

Arriva agosto e l’Italia in vacanza o pronta a partire si scopre attonita e commossa la sera del giorno 6 quando si diffonde da Castelgandolfo la notizia della morte di Paolo VI, il Papa che si è inginocchiato davanti alle Brigate rosse per invocare la liberazione di Moro. Piangono papa Montini, i cattolici, si inchinano alla sua memoria i laici e i non credenti. Il decesso avviene una domenica sera; il lunedì Avvenire non è in edicola, ma di fronte alla scomparsa del Pontefice una pattuglia di giornalisti si ritrova nei locali della redazione e produce nel cuore della notte una edizione speciale realizzata davvero con il cuore.

Seguiranno settimane di intenso impegno per tutti noi del giornale, non solo per i vaticanisti: si apre il Conclave e il 26 agosto la Chiesa ha un nuovo pastore universale, Giovanni Paolo I, il patriarca di Venezia Albino Luciani, che morirà appena un mese dopo, il 28 settembre. Nuovo Conclave, e stavolta i cardinali scelgono il 16 ottobre l’arcivescovo di Cracovia Karol Wojtyla, Giovanni Paolo II, che traghetterà la Chiesa nel terzo millennio. Un polacco dunque; l’ultimo Papa non italiano era stato l’olandese Adriano VI nel 1522, sicché la sorpresa generale è grande. «Perché un Papa straniero?» chiede un giornalista al cardinale Pellegrino all’uscita dal Conclave. «Nella Chiesa non ci sono stranieri», mette in chiaro il porporato davanti alla telecamera.

L’anno dei tre Papi e dei grandi cambiamenti in Vaticano e in Italia si avvia alla conclusione, ma novità di rilievo ci sono state intanto anche in Avvenire, al vertice della società editrice. Il presidente Mario Agnes ha lasciato l’incarico e gli è subentrato l’arcivescovo di Ravenna-Cervia monsignor Ersilio Tonini, che sarà alla guida della Nuova Editoriale Italiana fino al 1989. Contemporaneamente è stato rinnovato il Consiglio di amministrazione. Tra i componenti figura adesso anche Dino Boffo, che di Avvenire diventerà poi direttore.

VAI AL 1977 | VAI AL 1979


© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI