giovedì 3 novembre 2016
"La luce del mondo", romanzo d'esordio di Alfonso Santamaria: due amici d'infanzia, l'uno sacerdote e l'altro ateo, si ritrovano uniti nella lotta contro la mafia
Un prete tra i mafiosi, la storia di un'amicizia
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I violenti contro chi sovverte, inerme, la logica della violenza. È una storia già vista tante volte, da don Diana a padre Puglisi, ma ogni volta affascina e conquista: la Parola contro chi ha chiuso il cuore all’amore.

La stessa storia narrata da un esordiente 40enne, Alfonso Santamaria, torinese trapiantato a Cerignola (Foggia), in un romanzo che cresce intorno a un’amicizia (La luce del mondo, Enter www.enteredizioni.it, pagg. 316, euro 13). Quella fraterna tra Giuseppe e Nicola, credente l’uno, ateo l’altro. Giuseppe diventa prete e al primo incarico insiste per essere assegnato alla parrocchia del quartiere più difficile della sua città, governato dalla legge della sopraffazione mafiosa.

Nicola, dopo una tragedia che gli cambia la vita, torna dal suo amico d'infanzia, ora sacerdote, e lo affianca nel suo impegno di riportare speranza e legalità iniziando dai giovani. Il romanzo di Alfonso Santamaria, pur presentando qualche ingenuità, rispecchia bene la contrapposizione tra un bene che avanza, pur lentamente, e dà frutti e, viceversa, un male che, minacciato, si difende alzando il tiro della violenza.

“Il mio romanzo parte da una vicenda di cronaca - racconta Santamaria -. Era il 1991 e nella mia città un commerciante fu ucciso perché aveva reagito alla prepotenza di un mafioso. Un crimine che mi colpì per la sua assurdità, la sua gratuità. Poi la storia dei due amici mi è cresciuta dentro”. Dalla ribellione a quel mondo di violenza che ha partorito l'omicidio dello sventurato gioielliere nascerà, sulle pagine del libro, la vocazione di Giuseppe (tagliato sulla figura di don Pino Puglisi) insieme alla rivolta morale "laica" di Nicola.

Santamaria, padre di due bambine, lavora come educatore professionale in un centro diurno per disabili e ha voluto che il libro “portasse speranza non solo a chi lo leggerà ma anche concretamente”: e così i proventi andranno a una associazione
che si occupa di una malattia rara, l’Eteroplasia Ossea Progressiva (Poh)
, scoperta nel 1994, poco conosciuta e priva di una cura: crescono formazioni ossee in punti del corpo dove normalmente non c’è osso, quindi pelle, muscoli, tendini e legamenti. Tutti questi tessuti diventano progressivamente osso e bloccano le articolazioni, portando a disabilità. In tutto il mondo i malati sono appena un centinaio, molti sono bambini perché la malattia attacca fin dai primi anni di vita.

L’Associazione italiana per l’Eteroplasia ossea progressiva (Ipoha
) opera in Italia dal 1995 e si occupa di sostenere la ricerca e formare medici e familiari, e provvedere al sostegno alle famiglie.

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