lunedì 19 giugno 2017
Il racconto di quattro superstiti: durante la navigazione ci hanno rubato il motore e la barca è affondata.
Due naufragi al largo della Libia, almeno 200 dispersi
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Ancora centinaia di morti nel Mediterraneo. Le ultime notizie che arrivano dal mare che divide l’Italia dalla Libia raccontano di due naufragi e almeno 200 dispersi nell’ultimo fine settimana. Notizie confuse, che si sovrappongono, racconti drammatici che alla fine riportano a un’unica terribile storia: chi può, in questo momento, scappa dalla Libia e lo fa a qualsiasi costo. Anche quello di perdere la vita. E così è successo.

A raccontarlo sono i superstiti sbarcati lunedì a Palermo. Due sudanesi, ancora sotto choc e frastornati che hanno raccontato della terribile traversata allo staff dell’Oim. «Sono dalla Libia giovedì scorso – informa Flavio Di Giacomo, portavoce Italia dell’agenzia Onu per le migrazioni – 130 migranti, perlopiù sudanesi. Durante la traversata sono stati fermati da alcuni pirati (presumibilmente trafficanti, ndr) che hanno rubato loro il motore, lasciandoli in balia del mare e alla deriva». Dopo poche ore di navigazione, la barca ha cominciato ad imbarcare acqua e si è ribaltata, perdendo l’intero carico umano. Quattro superstiti sono stati raccolti da un peschereccio libico che li ha accompagnati verso un altro gommone di migranti diretto in Italia. I migranti sono stati poi soccorsi dalla Guardia costiera italiana.

I quattro superstiti (due nigeriani e due sudanesi) che hanno raccontato del terribile naufragio sono sbarcati in mattinata a Palermo, con altri mille migranti, soccorsi nel fine settimana, a bordo della nave Diciotti della Guardia costiera. Si tratta di 751 uomini di cui 157 sudanesi, 160 donne (di cui undici in gravidanza) e di un gruppo numeroso di minori, alcuni molto piccoli al seguito di donne e famiglie e molti minori stranieri non accompagnati che sono ancor in fase di identificazione.

Il secondo naufragio, avvenuto al largo della Libia, domenica, viene confermato dalle autorità libiche all’Oim. Per il momento sarebbero 110 le persone disperse, secondo le testimonianze dei 25 migranti - tutti uomini - che si sono salvati, soccorsi, anche in questo caso, da alcuni pescherecci libici che li hanno poi riconsegnati alle autorità di Tripoli.

I migranti che alla fine riescono a raggiungere l’Italia sono persone traumatizzate, ferite e spesso con difficoltà respiratorie, dopo aver inalato acqua e carburante per ore. Le donne sono perlopiù incinte. «Spesso non si tratta di gravidanze cercate, volute. Sono frutto di violenza» spiega Gabriele Eminente, responsabile di "Medici senza frontiere Italia" in servizio a bordo della nave "Vos Prudence" che a Reggio Calabria ha sbarcato 1.045 profughi.

«La gran parte di queste persone – ha detto il medico – hanno raccontato al nostro personale che effettua supporto psicologico, o ai mediatori culturali, di situazioni di grande violenza subita in Libia. Ed in circostanze molto diverse. Alcuni di loro, ad esempio, persone molto giovani, in prevalenza sub sahariani, sono arrivati e subito dopo sono stati reclusi in centri di detenzione dove hanno trascorso anche tre, quattro mesi. Ci sono anche persone che erano in Libia da molto tempo, anche da prima della caduta di Gheddafi. E che dopo molti anni hanno deciso di partire, considerata la situazione ormai intollerabile dei quel Paese. Sia gli uni che gli altri, comunque, hanno parlato di violenze molto consistenti».

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