Nei borghi la cooperativa è comunità: «Un antidoto contro lo spopolamento»
Sono 150 le imprese nate per rivitalizzare quartieri e territori, soprattutto nelle aree interne. Fino a domenica l'incontro nazionale con Confcooperative

Fino a poco tempo fa si contavano sulle dita di una mano gli abitanti di Ostana, un piccolo borgo ai piedi del Monviso, in Piemonte. E non per modo di dire. Negli anni Ottanta erano esattamente in cinque. Il loro destino sembrava già segnato. Ma lo spopolamento non è stata l’ultima parola. Adesso sono quasi in novanta. E se quota cento non pare un obiettivo così tanto irrealizzabile il merito è anche della cooperativa di comunità “Viso a Viso”, nata nel 2020, in piena pandemia.
Un progetto che sta creando nuova economia sul territorio. Tra i servizi promossi, anche una scuola, una biblioteca e una foresteria. La loro storia dimostra che anche i borghi più piccoli e periferici possono rinascere. Una consapevolezza che si sta diffondendo a macchia di leopardo nel nostro Paese. Sono 150 le cooperative di comunità – imprese orientate a rivitalizzare quartieri e territori, in particolare quelli delle aree interne –, aderenti a Confcooperative. Sono presenti in 18 regioni e 139 Comuni italiani, con quasi 5mila soci e 605 addetti occupati. Il 72% opera proprio nelle aree interne, le zone del Paese distanti dai servizi essenziali e più esposte allo spopolamento.
Una realtà in espansione, ma ancora strutturalmente fragile, come emerge dalla ricerca del Centro Studi di Confcooperative. In Italia, infatti, manca una cornice normativa che ne riconosca il ruolo e le funzioni svolte nei territori. Una denuncia che è partita oggi da Ligonchio, nell’Appennino Tosco-Emiliano, dove è iniziato “Comunità verso…”, il primo incontro nazionale di Confcooperative (domenica la chiusura) dedicato alle cooperative di comunità, definite «l’unico presidio contro lo spopolamento».
Perché, come ha spiegato Alessandro Maggioni, presidente di Confcooperative Habitat, «gestiscono servizi culturali, turistici, commerciali e ambientali in aree dove altrimenti non ci sarebbe nulla». Sono l'esempio concreto «di come i cittadini possano organizzarsi per rispondere ai bisogni del territorio quando le istituzioni non arrivano o non bastano». Ma questo modello virtuoso, che «è uno strumento di autoimprenditoria giovanile particolarmente attrattivo», ha evidenziato Maggioni, «rischia di rimanere marginale senza un adeguato sostegno legislativo».
Per questo motivo, ha ribadito, «Confcooperative chiede al Parlamento e al Governo di approvare una legge quadro nazionale sulle cooperative di comunità che ne riconosca la funzione di interesse generale e definisca strumenti di sostegno specifici». In tal senso, Maggioni ha invitato a «semplificare la burocrazia e creare procedure dedicate per l'accesso a bandi e finanziamenti».
Un appello rilanciato anche da Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative. «Attendiamo ancora la legge quadro nazionale che armonizzi le normative regionali – ha detto –. È un fenomeno che esalta l’autoimprenditorialità, la cittadinanza attiva delle persone. Una leva fondamentale per ridare vita a 5.500 Comuni italiani, il 67% della superficie del Paese, dove lo Stato arretra e il privato speculativo non progetta investimenti, ma dove le persone hanno bisogno di servizi, di lavoro, di restare sul territorio per contrastare il dissesto idrogeologico e per valorizzare le tradizioni».
Come emerge sempre dalla ricerca, le cooperative di comunità si distinguono per l'intersettorialità. Il 54,5% opera in attività culturali e valorizzazione territoriale, il 29,5% nei servizi ambientali, il 27,7% nella ristorazione, il 16,1% nel commercio alimentare. Quattro occupati su dieci sono donne, percentuale che sale al 45,5% nelle aree interne. Un’esperienza è nata anche nel cuore dei Sassi di Matera, grazie a un’intesa con la Conferenza episcopale italiana, che ha molto a cuore la questione dello spopolamento. Si tratta di Oltre l'Arte, che favorisce l’inserimento lavorativo di persone fragili e promuove le risorse storiche, culturali e naturali del territorio. In sedici anni ha dato lavoro a 110 persone.
Sempre nel Mezzogiorno, a Corleone, è attiva Verbumcaudo. In un terreno confiscato alla mafia da Giovanni Falcone, un gruppo di giovani madoniti produce passata di pomodoro, vino, ceci, lenticchie verdi e rosse, generando economia pulita, lavoro dignitoso e riscatto sociale. “I Raìs”, è invece il nome di una cooperativa nata in Lombardia nel 2016, con sede a Dossena. Lavora per valorizzare il patrimonio naturale, culturale e sociale del territorio, creando nuove opportunità per i giovani. Oltre a garantire servizi essenziali per la comunità come la mensa scolastica, pasti per persone anziane, la ristorazione e il turismo locale, la cooperativa ha lanciato “Ol Minadùr”, un prodotto caseario unico, un formaggio locale totalmente innovativo, che lega il lavoro dei produttori locali di latte alla rinascita delle miniere di Dossena.
Le cooperative di comunità aderenti a Confcooperative Toscana si sono invece rese protagoniste di un progetto insieme a Cooperazione Salute. Grazie alla loro unione di forze sono stati attivati gratuitamente dei servizi di medicina territoriali come i prelievi ematici per un primo screening sul metabolismo. Nei paesi è stata organizzata la presenza per un giorno di un camper attrezzato come studio medico.
Esperienze diverse, ma accomunate da un’unica visione. Dimostrare che il cambiamento è possibile, quando le comunità decidono di essere protagoniste del proprio futuro.
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