In Valle Imagna l'asilo che trasloca ogni anno. E i bambini sono contenti

di Marco Birolini, inviato a Costa Imagna (Bergamo)
Vicino a Bergamo, la scuola materna è itinerante: un anno a Roncola e l’altro a Costa. «Così nessuno si sente abbandonato»
December 11, 2025
In Valle Imagna l'asilo che trasloca ogni anno. E i bambini sono contenti
Don Andrea Pedretti nella scuola materna itinerante
L’asilo ad anni alterni se ne sta appollaiato tra gli 800 metri della Roncola e i 1.000 di Costa Imagna. Da settembre a giugno si sta da una parte, ad agosto si caricano arredi e materiale scolastico su un camioncino e ci si trasferisce nel Comune confinante. I bambini residenti trascorrono un’annata nella scuola materna sotto casa, in quella successiva invece salgono sullo scuolabus e vanno dai loro vicini. Forse un po’ scomodo, però divertente.
«Per loro una mezz’oretta a bordo non è un problema, anzi, il tragitto è sempre una piccola avventura» spiega don Andrea Pedretti, parroco di entrambi i piccoli centri della Valle Imagna, incuneata nelle Orobie bergamasche: Roncola conta 800 abitanti, Costa non supera i 400. «Qui manca quasi tutto, a Costa la scuola elementare statale ha chiuso nel 2012. Gli abitanti mi hanno detto: se ci togliete anche l’asilo, è finita» spiega il sacerdote, arrivato quassù nel 2015. Sarebbe stato più semplice (ed economico) fissare la sede in una delle due strutture parrocchiali, ma non avrebbe funzionato. «Quelli di Costa non avrebbero accettato di portare i figli in pianta stabile alla Roncola… e viceversa. Così, ecco l’idea: un anno di qui, un anno di là» sorride don Andrea. Una volta superato (o quasi) il campanilismo, il più era fatto. L’esodo di bambini (e di famiglie) verso il fondovalle non solo si è fermato, ma la tendenza si è invertita. «Siamo passati da 22 iscritti spalmati su due sedi ai 38 di oggi, cioè il 95% dei bambini residenti – spiega il parroco -. La retta costa 150 euro, pullmino incluso: molto meno che in città. Ma i fondi della convenzione con i due Comuni e qualche sacrificio ci permettono di tirare avanti: le comunità non si sentono abbandonate e i genitori ci danno fiducia. Anche perché proponiamo tante attività: basta aprire la porta e ci si trova nel bosco. Ma non facciamo solo belle passeggiate: ci sono i corsi di teatro, la psicomotricità, il pomeriggio in piscina». Se don Andrea è la mente, la maestra Daniela è il braccio. È lei, insieme alla cuoca, a preparare gli scatoloni per il trasloco di fine estate. Ogni giorno si sobbarca 40 minuti di strada per raggiungere il posto di lavoro. «Sì, a volte è un po’ faticoso. Ma qui sono felice, perché ho trovato una dimensione diversa. I bambini sono molto sereni, perché alle spalle hanno famiglie unite. Sarà un caso, ma non ci sono separati, né divorziati. In città e in pianura, dove insegnavo prima, è tutto più frenetico e i genitori sono un po’ ansiogeni. Se i figli si imbrattavano i vestiti correvo a cambiarli da capo a piedi, perché guai a restituirglieli con qualche macchia. Qui invece siamo sempre all’aperto, sporcarsi fa parte del gioco….». E il fatto di rimbalzare da una scuola all’altra? «Non li disturba affatto, dopo tre giorni si sono già ambientati. Sanno adattarsi più degli adulti…». Che continuano a fare i conti sottobanco: su tre anni di percorso scolastico, due si svolgono in uno dei due paesi. Meglio se si tratta del proprio.
Roncola e Costa del resto sono distanti appena 6 km: collaborano per ottimizzare risorse e servizi, ma è come se appartenessero a continenti diversi. La strada che le unisce è stata realizzata lungo il crinale solo negli anni '40: prima per andare da un paese all'altro bisognava scendere a valle e poi risalire. D’inverno, quando a Roncola piove, a Costa nevica. La prima, con vista panoramica sulla pianura, ha una spiccata vocazione turistica. Il boom c’è stato negli anni ’70: l’invasione di villeggianti lombardi, milanesi in particolare, gonfiò una speculazione edilizia che ha lasciato in eredità enormi condomini, spettri di cemento con tutte le tapparelle abbassate. Solo d’estate si rianimano, spezzando la solitudine del lungo inverno che «qui dura da settembre a maggio - chiosa don Andrea – con alcune frazioni che non vedono il sole per mesi. Fa freddo e il riscaldamento si accende prima, ecco perché nel parlare di aree montane bisognerebbe banalmente tener conto di queste cose. La gente va aiutata concretamente».
A Costa sono peraltro abituati a fare da sé: da qui sono partiti muratori e piccoli artigiani che hanno fatto fortuna in tutto il Nord Italia, in alcuni casi anche all’estero. Nei mesi caldi tornano tutti al paese e riaprono quelle che sono ormai seconde case, ristrutturate con materiali di pregio. Di “forestieri” se ne vedono pochi da queste parti: c’è Rami, il farmacista libanese che ha assorbito il dialetto locale (quasi un’altra lingua rispetto a quello della Roncola) e ha contribuito allo scambio interculturale introducendo l’abitudine di fumare il narghilé in compagnia. Poi ci sono gli ospiti del B&b “La Canonica”. Manco a dirlo, l’ha aperto don Andrea. «Era la vecchia casa del mio predecessore, io abito alla Roncola e non mi serviva. Lasciarla cadere a pezzi sarebbe stato un peccato. Così abbiamo deciso di ristrutturarla coinvolgendo le imprese locali, che hanno lavorato a prezzo di favore. Ne abbiamo ricavato due stanze, quasi sempre occupate: d’inverno ci vengono gli stranieri». Per lui, che sulla scrivania tiene aperto Il giro del mondo in 80 giorni, è stata «un’occasione per aprirsi all’esterno, contribuendo anche all’economia del territorio. L’Imu? Tranquilli – sorride il sacerdote -, siamo in regola…».

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