Cosa c'è dietro alla truffa all'Opera di Santa Maria del Fiore

Alla Onlus che tutela la Cattedrale di Firenze sono stati sottratti due milioni di euro ma gli inquirenti parlano di un "giro da 30 milioni", non solo in Italia
December 11, 2025
Cosa c'è dietro alla truffa all'Opera di Santa Maria del Fiore
La Cattedrale di Santa Maria del Fiore
Per il restauro del Complesso Eugeniano di Firenze, nel 2024 l’Opera di Santa Maria del Fiore – l’organizzazione, oggi Onlus, che da 700 anni tutela i monumenti simbolici del cristianesimo fiorentino, dalla Cattedrale di Santa Maria del Fiore al Battistero di San Giovanni – ha effettuato bonifici per 1,8 milioni di euro. Soldi che, però, non sono mai arrivati all’impresa creditrice. A intercettarli sarebbero stati alcuni membri di una organizzazione criminale che si sarebbero finti i legittimi destinatari delle somme, fornendo alla Onlus le coordinate bancarie di un conto corrente intestato invece alla banda. È dalla denuncia della società creditrice che, nello scorso marzo, sono partite le indagini della Polizia di Brescia che hanno condotto stamani al fermo di nove indagati per emissione di fatture per operazioni inesistenti, riciclaggio e autoriciclaggio (un decimo indagato è tuttora ricercato in Italia e all’estero). Complessivamente sarebbero coinvolti nei presunti delitti altri dieci indagati, non ancora destinatari di provvedimenti cautelari, per un giro illegittimo di affari che, nell’arco di soli sei mesi, le forze dell’ordine hanno documentato in trenta milioni di euro.
L’Onlus «ringrazia la procura di Brescia per l’importante lavoro» e sottolinea che «le indagini sono partite grazie alla denuncia fatta immediatamente nel 2024». Quella ai danni dell’Opera di Santa Maria del Fiore, però, sarebbe solo una delle truffe di una organizzazione criminale che ha messo in piedi da mesi, se non da anni, «una conclamata attività di ausilio illegittimo a imprenditori che hanno bisogno di accedere a denaro contante senza passare tramite gli istituti bancari», come spiega ad Avvenire il Questore di Brescia Paolo Sartori. Secondo la ricostruzione della Polizia, due fratelli italiani sarebbero l’anello di congiunzione tra le imprese che chiedono denaro contante e la banda, composta perlopiù da cittadini cinesi (gli altri fermati sono italiani, nigeriani e albanesi). Il meccanismo che nutre le casse dell’organizzazione è quello che ha travolto anche la Onlus fiorentina e che gli inquirenti chiamano strategia del “man in the middle” (dall’inglese, “l’uomo nel mezzo”). «Una persona si finge creditore dell’impresa e utilizza tutte le credenziali del vero creditore, ma poi si fa inviare i soldi su un Iban falso», spiega Sartori. I conti correnti rintracciati dalle forze dell’ordine a partire dalla truffa fiorentina hanno sede in Italia e all’estero (in Cina, Lussemburgo, Polonia, Germania, Spagna, Lituania, Nigeria e Croazia) e sono tutti riconducibili a due sole persone della banda.
Ma l’attività truffaldina non si fermerebbe alle fatture false. I due intermediari italiani, oltre a fornire le società “cartiere” per l’emissione delle fatture, si sarebbero impegnati anche a trovare “clienti” alla ricerca di contanti e a mettere in contatto gli imprenditori “fruitori del servizio” con alcuni cittadini cinesi residenti a Milano, Vicenza e Prato. Le perquisizioni stamani sono state 21 – soprattutto tra Brescia, Milano e Vicenza – per un sequestro totale di circa mezzo milione di euro in contanti. «Quando siamo arrivati ieri mattina in alcune delle loro sedi – racconta il Questore Paolo Sartori –, i cinesi hanno tentato di disfarsi del denaro contante gettando addirittura fino a 250mila euro per volta dalla finestra». Tutte banconote, secondo Sartori, destinate a imprese che «avevano difficoltà ad accedere al credito o, generalmente, a ottenere fondi passando dai canali legali».
Il denaro, di fatto, era stoccato quasi del tutto in un immobile a Milano, «riferibile a una cittadina cinese», frequentato spesso anche dai due intermediari italiani per il prelievo e la consegna delle somme da affidare, in un secondo momento, a “spalloni” cinesi che li avrebbero trasferiti in auto perlopiù nella provincia di Brescia. Già lo scorso 4 settembre, nell’ambito della stessa indagine, era stata fermata una cittadina cinese in viaggio da Vicenza a Brescia, trovata in possesso di quasi 200mila euro in contanti nascosti nell’auto dentro a involucri di plastica termosaldati. La percentuale, pagata dalle imprese “clienti” per il servizio di trasporto e cessione del denaro contante, variava dal 2% al 7% per gli “spalloni” ed era fissa al 2% per gli intermediari italiani.
A rimanere vittima di questo «ampio contesto criminale» non è stata solo l’Opera di Santa Maria del Fiore. I due intermediari italiani, collaborando con un cittadino nigeriano, avrebbero portato a termine anche una frode informatica ai danni di una società di diritto ceco, con la stessa tecnica del “man in the middle”. Le attività dell’organizzazione criminale, dunque, potrebbero anche aver superato i confini italiani: «Sono tuttora in corso – si legge in una nota della Questura di Brescia – attività investigative finalizzate a delineare ulteriormente il contesto criminale, anche a livello internazionale».

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