L'ora di religione? «Ponte tra scuola, Chiesa e società»
Il vescovo Giuliodori riflette sull'insegnamento negli ultimi 40 anni, alla luce del documento diffuso dalla Cei

Un insegnamento al passo con le «nuove istanze educative», capace di «aggiornare continuamente strumenti e contenuti» e proposto da docenti «all’altezza delle sfide attuali». È questo il profilo dell’“ora di religione”, a quarant’anni dall’Accordo di revisione del Concordato tra Stato italiano e Chiesa cattolica, auspicato dal vescovo Claudio Giuliodori, presidente della Commissione Episcopale per l’educazione cattolica, la scuola e l’università.
Eccellenza, negli ultimi 40 anni la società italiana è profondamente cambiata: come l’Insegnamento della religione cattolica ha accompagnato questo cambiamento?
Ci sono stati e sono in corso cambiamenti profondi, tanto da indurre papa Francesco a parlare di «cambiamento d’epoca». La scuola italiana e l’Irc affrontano questo passaggio cercando di valorizzare il patrimonio consolidato della nostra cultura e del nostro sistema scolastico, affrontando nel contempo le nuove istanze e le nuove sfide educative. In primo luogo, l’Irc ha contribuito a conservare viva e attuale la domanda sul senso religioso dell’esistenza alla luce della tradizione cristiana e del patrimonio socio-culturale del Paese. In secondo luogo, a fronte della frammentazione del tessuto sociale, che ha investito la famiglia e le tradizionali agenzie educative, ha offerto percorsi formativi in grado di accompagnare la ricerca di senso e di valori fondamentali nella costruzione della personalità e nella acquisizione delle competenze. Inoltre, di fronte ai cambiamenti dei linguaggi e dei processi comunicativi, legati all’avvento del digitale e dei social, ha contribuito a rinnovare la didattica curando la formazione degli insegnanti e aggiornando continuamente strumenti e contenuti.
Le ricerche ci dicono che tra i giovani cresce una sorta di disaffezione alla pratica religiosa. Eppure, “l’ora di religione” è scelta da più di otto studenti su dieci: come si spiega questo fenomeno?
I genitori e gli stessi studenti, pur di fronte ad un decremento della partecipazione ai riti, non ritengono la dimensione religiosa un aspetto irrilevante nel percorso di formazione culturale delle nuove generazioni. La natura di insegnamento rispetta, inoltre, la libertà delle persone in quanto non comporta un’adesione di fede. Questo fenomeno evidenzia la bontà di un insegnamento scolastico concordatario che consente di offrire in un contesto di scuola laica e non laicista, ossia rispettosa della libertà religiosa e delle tradizioni culturali, una materia facoltativa di esplicito contenuto religioso, come fattore imprescindibile della formazione delle nuove generazioni, senza che questo comporti scelte confessionali. Se il dato nazionale documenta una sostanziale tenuta dell’Irc, ciò non toglie che siano necessarie alcune ulteriori valutazioni circa il divario tra le aree geografiche - molto più alta l’adesione al Sud rispetto al Nord - e in relazione ai diversi gradi scolastici - molto alta la scelta nella primaria mentre diminuisce, nella secondaria di secondo grado.
Anche la scuola sta affrontando sfide nuove e quella dell’accoglienza e piena integrazione degli alunni provenienti da altre culture e religioni è tra le principali: qual è il contributo dell’Irc a questo riguardo?
Questo è certamente uno dei fattori di maggiore trasformazione che investe tutta la società ed è legato alla mobilità umana e alle trasformazioni del tessuto sociale segnato anche da un progressivo calo demografico. L’Irc viene offerto a tutti come possibilità di conoscere la storia, la cultura e il patrimonio artistico del Paese, plasmato dalla tradizione cattolica. Conoscenza fondamentale per un autentico scambio e una reale integrazione. Inoltre, sempre più nel contesto dell’Irc si presta attenzione alla presenza di alunni provenienti da altre culture e religioni, i quali in non pochi casi scelgono di avvalersi di tale insegnamento apprezzandone la qualità della proposta e il rispetto per tutte e fedi. Ne sono prova anche le recenti schede elaborate assieme sulla religione ebraica e sulla cultura islamica che sono ormai parte dei materiali didattici a disposizione degli insegnanti.
Sempre riguardo ai cambiamenti sociali, che funzione svolge l’Irc rispetto alle istanze che la comunità civile rivolge alla Chiesa?
Attingendo al patrimonio religioso e alle istanze etiche e sociali che derivano dal cattolicesimo, l’Irc contribuisce anche alla formazione della coscienza personale e civile degli studenti offrendo uno spazio di dialogo e di confronto che spesso viene valorizzato anche per affrontare questioni di attualità e di rilevanza sociale. Temi come quelli della giustizia e della pace, della dignità e del valore della vita umana, della solidarietà e della responsabilità sociale, della custodia dell’ambiente e dei rapporti intergenerazionali sono tra i contenuti più rilevanti della dottrina cattolica e nello stesso tempo rappresentano questioni di stringente attualità e di primaria importanza anche nel dibattito culturale, utili anche per affrontare fatti rilevanti di cronaca nazionale e internazionale.
Quali sono le sfide principali per gli insegnati di religione cattolica nel presente e nel futuro?
Il documento della Cei dedica una particolare attenzione alla figura e alla formazione dell’Insegnante di religione cattolica a cui è chiesto di essere all’altezza delle sfide attuali sia dal punto di vista della formazione specifica circa i contenuti religiosi dell’insegnamento, sia in relazione alla didattica e ai linguaggi che necessitano di un costante aggiornamento. Trattandosi di un insegnamento che coinvolge anche la responsabilità della Chiesa in un costante dialogo con le istituzioni scolastiche è importante che sia curato l’aggiornamento e quel “sentire sinodale” che consente davvero di camminare insieme, comunità ecclesiale e società civile, nel rispetto dei rispettivi ruoli e in un costante scambio che è stato certamente fecondo in questi anni e che ci auguriamo possa continuare ad esserlo anche per l’avvenire.
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