Il report che documenta i massacri di civili in Sudan

Un'inchiesta giornalistica internazionale rivela che nella città di El Fasher, abbandonata dall'esercito dopo un anno e mezzo di assedio dei paramilitari, sono state uccise a sangue freddo 7mila residenti,. Migliaia di donne stuprate
December 12, 2025
Il report che documenta i massacri di civili in Sudan
Rifugiati sudanesi attendono il loro turno per prendere l'acqua dal fiume a Gerbana, un villaggio nel Sud Sudan 22 a chilometri dal confine sudanese / EPA/DIEGO MENJIBAR
Urla del silenzio, titolo originale The killing fields, era un bellissimo film del 1984 di Roland Joffè sul genocidio del popolo cambogiano ad opera dei Khmer rossi negli anni 70. E non a caso The killing fields è il titolo di una grande inchiesta di Sky news, Sudan war monitor e dal pool di giornalismo investigativo The lighthouse report per documentare i massacri di El Fasher, nel nord Darfur, compiuti da fine ottobre dai paramilitari delle Rsf che l’hanno presa dopo un anno e mezzo di assedio.
I difensori, l’esercito sudanese, hanno negoziato la fuga lasciando i civili in mano a belve. L’inchiesta, grazie a immagini satellitari, foto e video di deportazioni ed esecuzioni di massa postate dagli stessi killer, ha rivelato che almeno 7mila residenti (ma si teme siano molti di più) sono stati catturati e messi a morte in base alla appartenenza a tribù non arabofone. Migliaia di donne sono state stuprate e abusate in un’operazione di pulizia etnica anche mentre fuggivano verso Tawila, dove è sorto un campo profughi per accogliere le decine di migliaia di scampato. Le immagini satellitari raccolte dallo Humanitarian Research Lab della Yale School of Public Health hanno mostrato nei giorni scorsi grandi fosse comuni – i campi di sterminio – coperte da terreno rosso di sangue.
El Fasher resta isolata, ma questa inchiesta giornalistica ha il merito di aver risvegliato per qualche giorno l’attenzione sulla realtà disumana di tutta la guerra civile in Sudan, dove massacri del genere da due anni e mezzo si ripetono nell’indifferenza globale. È dei primi di dicembre la strage dell'asilo d'infanzia di Kologi nello stato del Sud Kordofan, resa nota dal Sudan doctors network. Le Rsf avrebbero preso deliberatamente di mira la struttura e un vicino ospedale rurale uccidendo, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, 114 persone inermi, di cui 63 bambini e 17 paramedici accorsi a soccorrerli. Ricordiamo che nel grande Paese africano combattono per il potere ormai dall’aprile 2023 due signori della guerra, il generale Al Burhan capo dell’esercito e il generale Mohammed Dagalo comandante delle Rsf, Forze di supporto rapido. La guerra si è protratta finora grazie all’aiuto e ai rifornimenti a questi ultimi degli Emirati Arabi e dei loro alleati Sud Sudan, Etiopia, Libia orientale, Ciad e Kenya. Agli Emirati interessa che vinca Dagalo – che vuole tutto il Sudan o almeno il Darfur – per poter controllare il Mar Rosso, l’oro delle miniere e l’agricoltura sudanesi, oltre a contrastare i Fratelli musulmani alleati dell’esercito all’interno del quale gli osservatori notano un peso crescente delle fazioni islamiste. In caso di fallimento del progetto di conquista del paese per il quale è determinante la conquista delle province del Kordofan, Dagalo è pronto a dichiarare l’indipendenza del Darfur creando uno scenario libico gradito alla dinastia di Abu Dhabi, che nello stato nordafricano sostiene il generale Haftar.
Sull’altro versante, l’esercito può contare sull’aiuto di Turchia, Egitto, Arabia saudita e Iran che vogliono contrastare le mire neocoloniali emiratine e vendere armi. Il ministro degli Esteri del Cairo Badr Abel Ati in una intervista ad Al- Jazeera ha ribadito che l'Egitto non accetterà i tentativi di dividere il Sudan. Intanto il segretario generale delle Nazioni unite António Guterres ha annunciato all’emittente saudita al-Arabiya che incontrerà le parti in conflitto senza indicare una data. All’Onu è stato promesso anche l’accesso a El-Fasher. Ma resta il pessimismo. Il Quad, quartetto che dichiara di voler mediare, è infatti composto da stati coinvolti (Arabia, Emirati ed Egitto) e dagli Usa, non interessati a intromettersi in questioni tra i principali alleati in Medio Oriente. In mezzo c’è una popolazione stremata. Questa è la più grande crisi umanitaria del pianeta, con nove milioni di sfollati e quattro milioni di profughi nei paesi confinanti, diverse aree affette da carestia ed epidemie mentre metà dei sudanesi sopravvive con l’assistenza umanitaria già tagliata da Trump. Le scuole sono chiuse e molti ospedali sono stati colpiti dai droni. In prima linea resiste accanto alla popolazione Medici senza frontiere. Nella zona di Abyei, ponte tra Sud Sudan e Sudan, la popolazione arriva in fuga dalla guerra che ora sta incendiando il Kordofan, conteso da Rsf ed esercito per il petrolio e le risorse agricole.
Raggiungiamo nell'area al telefono Vittorio Oppizzi, responsabile Msf per Sudan e Sud Sudan. «La zona a nord della città di Abyei – spiega – è diventata un riparo per i civili che scappano con viaggi molto lunghi con l'intensificazione degli scontri. Il sistema sanitario è al collasso e anche i farmaci che ci sono spesso non vengono usati bene, come gli antimalarici. Registriamo ovunque un aumento dei casi di violenza sessuale, spesso sotto stimato. In Sudan i dati di malnutrizione sono impressionanti, molte volte sopra la linea di emergenza della malnutrizione acuta. Cresce la malnutrizione negli adulti, segno ancora più grave della carestia. I tagli degli aiuti sono vergognosi, ma ancor più il fatto che l'appello della crisi umanitaria più grande del mondo è finanziato solo al 24%. Gli effetti si vedranno ancor più l’anno prossimo».
Nuovi campi di sterminio potrebbero comparire a Babanusa, città nel Kordofan occidentale conquistata l’1 dicembre dalle Rsf dopo due anni di assedio. La Rete dei medici sudanesi ha denunciato che almeno 100 famiglie sono prigioniere dalle Rsf. L’Alto commissario per i diritti umani dell’Onu Volker Türk ha espresso la preoccupazione che nel Kordofan si ripetano «le terribili atrocità» commesse a El Fasher. Il blackout delle comunicazioni e di internet rende difficile trasmettere notizie e chissà se il mondo vuole evitare altre urla del silenzio dal Sudan.

© RIPRODUZIONE RISERVATA