Sudan, metà della popolazione è già fuggita da El Fasher

Secondo l'Onu 106mila civili hanno lasciato la capitale del Nord Darfur dalla conquista, un mese fa, da parte delle Rsf. Anche Amnesty denuncia stragi di massa
November 26, 2025
Sudan, metà della popolazione è già fuggita da El Fasher
Sfollati da El Fasher nel campo profughi di Al-Dabba nella zon a settentrionale del Nord Darfur in Sudan/ ANSA
Mentre le parti in guerra hanno respinto l'ennesima tregua proposta degli americani e dal gruppo di mediatoti arabi, in Sudan la situazione umanitaria si aggrava. Lo ha ricordato il portavoce dell'Onu, Stephane Dujarric, nel corso dell'incontro quotidiano con i media internazionali. «Fino a ieri - ha aggiunto - in un mese più di 106mila persone (poco meno della metà dell'intera popolazione della città rimasta sotto assedio per 18 mesi) sono state costrette a lasciare la capitale del Nord Darfur, El Fasher, e i villaggi intorno, da quando le Forze paramilitari delle Rsf hanno conquistato il territorio».
Intanto continuano le denunce di crimini di guerra. Le forze paramilitari sudanesi hanno ucciso decine di uomini disarmati e violentato decine di donne e ragazze quando hanno conquistato El Fasher: lo dichiara Amnesty International dopo aver sentito i superstiti alla caduta della città controllata dall'esercito, in guerra da oltre due anni con i paramilitari. Sono 28 i sopravvissuti che hanno raccontato di uccisioni, pestaggi e stupri, crimini per i quali l'Ong chiede che i responsabili siano perseguiti. «Questa violenza persistente e diffusa contro i civili costituisce un crimine di guerra e può anche costituire altri crimini ai sensi del diritto internazionale. Tutti i responsabili devono essere chiamati a rispondere delle loro azioni», ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International che ha puntato il dito contro gli Emirati Arabi Uniti, accusati di appoggiare i paramilitari «alimentando il ciclo inarrestabile di violenza contro i civili in Sudan».
«La comunità internazionale e il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite devono esigere che gli Emirati Arabi Uniti smettano di sostenere» i paramilitari, ha aggiunto. La segretaria generale dell'Ong esorta inoltre tutti gli attori esterni ad adottare le misure necessarie per porre fine alla vendita o alla fornitura di armi e materiali alle parti in conflitto, «in conformità con l'embargo sulle armi stabilito dal Consiglio di sicurezza dell'Onu» e da estendere «all'intero Paese».

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