In Sudan grazie alla Cei è rinato il Comboni College
di Redazionale
Le parole del missionario Jorge Naranjo, direttore della struttura. L’impegno a proseguire nella didattica nonostante il conflitto
La testimonianza del missionario Jorge Naranjo, direttore del Comboni College of Science and Technology di Port Sudan. L’impegno a proseguire nella didattica nonostante il conflitto e a non disperdere un patrimonio non solo di conoscenze ma anche di convivenza, grazie anche al sostegno della Chiesa cattolica.
Il Sudan è duramente colpito da guerre e atrocità, dove oltre 14 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case e altri 30 milioni — tra uomini, donne, bambini e anziani — dipendono dagli aiuti umanitari per sopravvivere. Dal 2023 lo scontro armato tra le Forze Armate regolari (SAF) e le Rapid Support Forces (RSF) ha aggravato ulteriormente la crisi, culminando nel tracollo totale dopo la caduta di El Fasher, capitale del Darfur settentrionale, teatro di massacri, aggressioni su base etnica e violenze di ogni genere. Nonostante il caos, missionari e comunità religiose continuano la loro presenza soprattutto nel Sud Kordofan e nella regione dei Monti Nuba. Le scuole e le strutture sanitarie legate alla Chiesa restano tra le pochissime realtà ancora operative al servizio della popolazione.
La Chiesa cattolica è sempre rimasta accanto alla popolazione. Prima della guerra le scuole cattoliche, soltanto nella regione di Khartoum, accoglievano più di 25.000 studenti. Oltre a scuole primarie e licei in varie zone del paese, la Chiesa, grazie ai Salesiani, gestiva due centri di formazione professionale, uno a Khartoum e l’altro ad El Obeid. In tutte queste istituzioni educative la coesistenza di studenti provenienti da tribù o gruppi coinvolti in conflitti armati ha senza dubbio rappresentato un contributo alla pace.
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