Educazione alla pace: ecco la via tracciata dalla Chiesa italiana
di Irene Funghi
Esce oggi il documento con cui i vescovi tracciano il percorso di un rinnovato e urgente impegno a favore di una società fondata su dialogo e riconciliazione

In un contesto di crescenti conflitti, la Conferenza episcopale italiana sente forte il dovere di essere parte attiva nella costruzione di una società dove violenza e prevaricazione non siano le uniche possibilità difronte ai conflitti, ma dialogo e riconciliazione possano tornare ad avere un ruolo preminente. Per far questo, i vescovi rendono pubblica oggi la nota pastorale dal titolo “Educare a una pace disarmata e disarmante”, elaborata dalla Commissione episcopale per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato e approvata dall’81ª Assemblea generale il 19 novembre 2025 ad Assisi.
La realtà contemporanea, la Parola di Dio e il Magistero
Il documento, introdotto da una presentazione del presidente, il cardinale Matteo Zuppi, mette in luce le criticità di una conflittualità cresciuta anche tra le grandi potenze. In particolare, i vescovi si dicono sconcertati dall’uso del Vangelo per motivare l’aggressione da parte russa all’Ucraina e dal conflitto fratricida tra i figli di Abramo, che bagna di sangue la Terra Santa. A preoccupare, sono anche i crescenti antisemitismo, islamofobia e crstianofobia, alimentati da nazionalismi, che generano chiusure e odio. La Cei attinge, quindi, al patrimonio della Parola di Dio e al Magistero della Chiesa, per ripercorrere l’evoluzione di una riflessione, che dal concetto di guerra giusta, con il quale si sperava di limitare la violenza, è arrivata alla totale condanna, da ultimo con il Magistero di Francesco, della guerra come risoluzione dei conflitti. Sostengono le tesi dei vescovi, infine, vite e opere di santi e uomini di speranza, che ora come nel passato hanno avviato processi di pace.
La Chiesa, la famiglia e la scuola
Premesso che l’educazione alla pace è un’urgenza a cui tutti sono chiamati e a cui tutti devono collaborare, i vescovi iniziano la loro analisi, osservando la realtà ecclesiale, per affermare: «Non basterà qualche evento dedicato alla pace nel corso dell’anno: occorrerà che essa intessa le proposte educative comunitarie». Chiedono poi di ripartire dalla preghiera e dall’Eucaristia, che «educa il popolo di Dio» a chiederne «costantemente il dono». Fondamentale, quindi, adottare, da parte di tutti, uno stile di vita nonviolento, coerente con i valori professati e con ciò che viene chiesto in preghiera. In quest’ottica, sono da valorizzare, continuano i vescovi, le occasioni e le iniziative pubbliche che vanno in questa direzione, come la Marcia della pace di fine anno, le iniziative di Azione cattolica per il mese della pace e quelle delle Arene di pace. Famiglie e scuole sono poi gli altri due terreni dove coltivare rispetto e cultura dell’ascolto. E dove l’urgenza di un impegno in questo senso è resa evidente dai frequenti femminicidi e tragedie familiari. A scuola, in particolare, si consiglia lo studio della storia «in una prospettiva nuova»: non come «mera successione di guerre, ma esame critico di dinamiche e possibilità, attenta anche alla vita quotidiana di famiglie, lavoratori e bambini».
Democrazia, multilateralismo e dialogo interreligioso
Il documento sottolinea come la pace sia «primo compito della politica», che trova nella democrazia una via che permette di riconoscere che nelle posizioni di ciascuno c’è un «frammento di verità» e che quindi tutti hanno diritto di essere ascoltati, perché di tutti c’è bisogno per raggiungere il bene comune. Questa «logica autenticamente democratica», da difendere con leggi internazionali e all’interno dei singoli Stati da soprusi di singole parti, «permette di recuperare» anche il concetto di «famiglia umana». In virtù del quale bisogna rafforzare «una seria formazione al rispetto del diritto internazionale, al multilateralismo e al funzionamento degli Organismi sovranazionali». Come pure il dialogo tra le religioni, nel solco dello spirito di Assisi. Da riformare, poi, anche le Nazioni Unite, per superare «una struttura giuridica che riflette gli esiti della Seconda guerra mondiale, come se l’ordine internazionale potesse solo rispecchiare le istanze del più forte o del vincitore». Impegno a cui si devono affiancare percorsi di riconciliazione tra i popoli, di cui si offre un esempio virtuoso in Gorizia, per il rapporto tra Croazia e Italia.
Mass media, Servizio civile e la «pace con la Terra»
Pace che va costruita anche nei mass media, che hanno oggi il potere di «modellare» la realtà. L’ambiente digitale, in particolare, «richiede una governance politica matura, regole chiare, responsabilità condivisa e una particolare attenzione alla tutela dei più vulnerabili, perché la comunicazione non degeneri in violenza simbolica né in forme opache di controllo», scrivono i vescovi, preoccupati anche di un uso indiscriminato dell’IA, che non permetta più di distinguere il reale dalla finzione. Ai giovani si pensa ancora chiedendo il servizio civile obbligatorio «come momento che accompagna la maturità politica della maggiore età con quella civile e morale». Difronte ad un mondo in guerra, tornerebbe ad essere un'occasione per «praticare la cura per la dignità della persona umana e per l’ambiente, per opporsi all’ineguaglianza che si fa sistema sociale, all’inimicizia come qualifica delle relazioni fra esseri umani e popoli, alla soggezione dell’altro alle proprie ambizioni». Riguarda tutti, invece, la conversione da una logica di violenza nei confronti del pianeta: una pace questa da costruire riprendendo, a livello politico e di singoli cittadini, le «proposte emerse negli ultimi anni» sul tema della sostenibilità.
Forze armate e commercio di armi
Pensando alle forze armate, i pastori si interrogano su nuove forme possibili di assistenza spirituale rispetto quella dei cappellani militari, servizio portato avanti con dedizione da sacerdoti come Angelo Roncalli, futuro Giovanni XXIII, e don Giovanni Minzoni. Oggi le Forze Armate italiane, viene sottolineato, sono «sempre più impegnate in missioni all’estero sotto l’egida delle Nazioni Unite, non solo come forze di interposizione ma talvolta anche come parte integrante di itinerari di autentica pacificazione». «Occorre dunque che questo impegno sia sostenuto da una spiritualità della pace all’altezza del compito a cui i militari sono chiamati», affermano i presuli. Questione significativa, infine, quella del commercio delle armi e della pericolosa disinvoltura con cui oggi si ritorna a parlare di criteri per l’uso dell’atomica su militari, civili e territori, facendo notare quanto ancora l’umanità si trovi su quel «crinale apocalittico» di cui parlava Giorgio La Pira. In questo senso, è da incoraggiare l’esperimento di pace che è l’Unione europea, da riportare alle proprie radici, come spazio di democrazia e cooperazione, nato davanti all’evidenza che la pace fosse, dopo la Seconda guerra mondiale, una necessità. Proprio a livello europeo, i vescovi auspicano la «costituzione di un’agenzia unica per il controllo dell’industria militare interna e del commercio di armi con il resto del mondo», vincoli più stringenti sul possesso di armi – che sembrano invece allentarsi nel piano ReArm Europe – e un impegno maggiore perché queste non vengano esportate «verso Paesi impegnati in azioni offensive o a rischio di usi in violazione dei diritti umani». Occorre, infine, prendere distanza, anche singolarmente, dalle realtà economiche e le banche che contribuiscono ad un'economia di guerra.
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