Zuppi: «Alla pace servono scuole dove formare nuove coscienze»
La Nota pastorale della Cei approvata ad Assisi invita le comunità cristiane a diventare “case di pace” e formare artigiani di riconciliazione. Il ruolo delle parrocchie, delle famiglie, della scuola e poi l'appello alla società civile e alla politica

In un tempo attraversato da guerre molteplici, tensioni crescenti e da una cultura della violenza che rischia di insinuarsi nel linguaggio pubblico e nelle relazioni quotidiane, la Chiesa italiana sceglie di rimettere al centro l’educazione alla pace. Oggi la Conferenza episcopale italiana pubblica una nuova Nota pastorale dedicata a questo tema, approvata nell’ultima Assemblea generale di Assisi. Un documento che si inserisce nella tradizione della Dottrina sociale e parla direttamente alle comunità cristiane, chiamate a diventare luoghi capaci di generare riconciliazione, dialogo, visioni nuove di convivenza possibile. Nell’introduzione, che anticipiamo qui sotto integralmente, il presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, richiama la pace come dono e responsabilità: «Il Signore ci dona e ci affida la sua pace. Ci consiglia di essere operatori di pace, per essere chiamati figli di Dio. La cura per una cultura di pace è una costante preoccupazione dei credenti e di tutti gli uomini di buona volontà».
Zuppi ricorda le parole di Leone XIV, che invita ogni comunità a essere «una casa della pace e della non violenza, dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono». Da qui nasce la nuova Nota, elaborata «avvalendosi del contributo di teologi e teologhe impegnati nella riflessione sul tema della pace» e approvata dall'Assemblea generale della Cei il 19 novembre 2025 ad Assisi. Il documento – spiega – invita a «riscoprire la centralità di Cristo “nostra pace”» e offre una lettura della situazione attuale, segnata «da numerosi conflitti; dall’“inutile strage” di persone, per lo più civili e bambini; da una mentalità che rincorre la strategia della deterrenza degli armamenti». Una violenza diffusa che «rischia di diventare una cultura che affascina soprattutto i più giovani» e che rende urgente un nuovo annuncio di pace. Di particolare rilievo il richiamo alla Dichiarazione congiunta firmata da Leone XIV e dal patriarca ecumenico Bartolomeo I lo scorso 29 novembre: un appello perché «la tragedia della guerra cessi immediatamente» e un invito a tutte le persone di buona volontà a sostenere questa supplica. La Nota offre alle comunità uno strumento per leggere la realtà, per tornare alla Parola e al Magistero «una visione di riconciliazione, di pace, di convivenza tra i popoli». Essere alla “scuola della pace”, sottolinea Zuppi, significa rientrare nella grande tradizione che «da Benedetto XV fino a Leone XIV» ha orientato la ricerca di vie di pace. Centrale, in questo percorso, il riferimento agli «artigiani e architetti della pace», testimoni che mostrano che «la pace non è un’utopia spirituale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione».
Le comunità cristiane sono dunque chiamate a diventare, in molti ambiti, vere “case di pace”: «la preghiera», anzitutto, «che implora costantemente questo dono di Dio e anima la speranza»; la famiglia e la scuola, «luoghi nei quali si comincia ad apprendere la non violenza»; la società e la politica, chiamate a promuovere «sviluppo e solidarietà, che sono i nomi nuovi della pace», evitando la corsa agli armamenti e il proliferare delle armi nucleari. Zuppi affida, infine, il cammino al patrono di Assisi: «Ci sostenga san Francesco, la cui lezione non perde d’attualità». E ricorda il suo saluto: «Il Signore vi dia la pace!». Parole che, otto secoli dopo, restano ancora oggi promessa e impegno.
Il testo integrale dell'introduzione del cardinale Zuppi
Il Signore ci dona e ci affida la sua pace. Ci consiglia di essere operatori di pace, per essere chiamati figli di Dio. La cura per una cultura di pace è una costante preoccupazione dei credenti e di tutti gli uomini di buona volontà. Leone XIV ha chiesto che ogni comunità sia una «casa della pace e della non violenza», «dove si impara a disinnescare l’ostilità attraverso il dialogo, dove si pratica la giustizia e si custodisce il perdono»1. Per questo motivo la Commissione Episcopale per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato, avvalendosi del contributo di teologi e teologhe impegnati nella riflessione sul tema della pace e ai quali va la nostra riconoscenza per l’apporto dato, ha preparato una Nota pastorale sul tema dell’educazione alla pace, approvata dall’81ª Assemblea Generale il 19 novembre 2025 ad Assisi. Già nel 1998, la Commissione Ecclesiale giustizia e pace della CEI aveva pubblicato una nota sull’educazione alla pace. Il presente documento, Educare a una pace disarmata e disarmante, invita a riscoprire la centralità di Cristo “nostra pace” in ogni annuncio e impegno per promuovere la riconciliazione e la concordia, e si inserisce nel solco della Dottrina sociale della Chiesa, con un’analisi attenta della situazione attuale segnata da numerosi conflitti; dall’“inutile strage” di persone, per lo più civili e bambini; da una mentalità che rincorre la strategia della deterrenza degli armamenti, che può cambiare l’economia e la cultura dei nostri Paesi; da una violenza diffusa che rischia di diventare una cultura che affascina soprattutto i più giovani. Per questo, è necessario un rinnovato annuncio di pace al quale la presente Nota può offrire un contributo. Nella Dichiarazione congiunta, firmata il 29 novembre 2025, Leone XIV e Bartolomeo I invocano «il dono divino della pace sul nostro mondo», sottolineando che «tragicamente, in molte sue regioni, conflitti e violenza continuano a distruggere la vita di tante persone. Ci appelliamo a coloro che hanno responsabilità civili e politiche affinché facciano tutto il possibile per garantire che la tragedia della guerra cessi immediatamente, e chiediamo a tutte le persone di buona volontà di sostenere la nostra supplica».
Alle nostre comunità viene dato uno strumento per leggere la realtà contemporanea (prima parte della Nota); viene poi rivolto l’invito ad attingere alla Parola di Dio e al Magistero una visione di riconciliazione, di pace, di convivenza tra i popoli, continuamente minacciata dal peccato nelle sue forme anche “strutturate” di ingiustizie e di guerre. Essere alla scuola della pace significa mettersi alla scuola della Parola di salvezza e della Dottrina sociale della Chiesa; quest’ultima, in particolare da Benedetto XV fino a Leone XIV, è stata un punto di riferimento per tutti i popoli nella soluzione di conflitti e nel ripensamento delle vie di pace da percorrere. Da questa ricchezza di contenuti, che disarmano i cuori e trasformano gli strumenti di distruzione in mezzi di sviluppo, nasce un impegno che i cristiani condividono con tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Nella Nota c’è un costante riferimento agli “artigiani e architetti della pace”, che in ogni epoca sono stati l’esempio più vero che «la pace non è un’utopia spiritale: è una via umile, fatta di gesti quotidiani, che intreccia pazienza e coraggio, ascolto e azione»4. Alla loro testimonianza le comunità cristiane sono sempre chiamate ad attingere esempi e parole efficaci anche nel nostro tempo. Oggi si aprono tanti ambiti e orizzonti nei quali divenire “case di pace”: la preghiera, anzitutto, che implora costantemente questo dono di Dio e anima la speranza; la famiglia e la scuola, luoghi nei quali si comincia ad apprendere la non violenza; la società civile e la politica, chiamate ad avere una visione che assicuri sviluppo e solidarietà, che sono “i nomi nuovi” della pace; a scongiurare la strategia della corsa agli armamenti e a non far proliferare le armi nucleari. Sono grandi temi su cui occorre ritornare per formare le coscienze delle comunità, che devono essere illuminate da un ideale di pace. Ci sostenga, in questo percorso, san Francesco d’Assisi, la cui lezione di vita, dopo otto secoli, non perde d’attualità. Come scrive il suo primo agiografo, egli, «in ogni suo sermone, prima di comunicare la parola di Dio al popolo radunato, augurava la pace dicendo: “Il Signore vi dia la pace!”. Questa pace egli annunciava sempre sinceramente a uomini e donne, a tutti quanti incontrava o venivano a lui. In questo modo molti che odiavano insieme la pace e la propria salvezza, con l’aiuto del Signore abbracciavano la pace con tutto il cuore, diventando essi stessi figli di questa pace e desiderosi della salvezza eterna»
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