Il welfare in crisi e le città che non vogliono i cittadini: la denuncia di Delpini
di Lorenzo Rosoli - Milano
“Ma essa non cadde. La casa comune, responsabilità condivisa” è il titolo del Discorso alla città per la festa di Sant’Ambrogio, pronunciato dall’arcivescovo di Milano. Che chiama ad «aggiustare il mondo»

Un capitalismo «a servizio dell’individualismo», dell’indifferenza, dell’iniquità. «Un sistema di welfare in declino», dove cresce «la paura di essere malati». Città che ti chiudono la porta in faccia, «che non vogliono cittadini» e dove «si usano le case per fare soldi, invece che per ospitare persone». Una generazione «che non vuole diventare adulta» e che ha «paura del futuro». E un sistema carcerario la cui situazione è diventata letteralmente «intollerabile», mentre la politica sembra non vedere altra strada che la mera repressione: e in tutto questo «la Costituzione della Repubblica italiana è tradita». Ecco «i cinque segnali che più mi impressionano», scandisce l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, guardando all’attuale scenario delle «minacce che insediano la casa comune» e che evocano il rischio di «un crollo rovinoso che lascerà solo macerie».
Ma non è del male l’ultima parola. Nel tradizionale Discorso alla città e alla diocesi per la festa di Sant’Ambrogio, pronunciato questa sera davanti alle autorità civili e militari e ai responsabili del bene comune nella Basilica intitolata al patrono, Delpini offre segni di speranza. Di più: offre volti, evoca quanti – coppie di sposi, preti, educatori, professionisti, politici, imprenditori, comuni cittadini – giorno dopo giorno «si fanno avanti» lontano dalla luce dei riflettori con l’intenzione di «voler mettere mano all’impresa di aggiustare il mondo». E dà loro voce. E li ringrazia. E riconoscendo come il contributo al bene comune venga da persone di ogni credo, ispirazione, ideale, richiama quello che per i cristiani è il fondamento di ogni impegno, personale e collettivo, mirato ad «aggiustare e rendere abitabile» la casa comune: il Signore Gesù. «È lui stesso la pietra angolare».
«Io credo che sia proprio opera di Dio quell’invincibile desiderio di bene, quel senso di responsabilità, quella disponibilità ad affrontare anche fatiche e sacrifici che convince molti a farsi avanti, per camminare insieme, per assumere responsabilità», afferma il presule nel discorso dal titolo “Ma essa non cadde. La casa comune, responsabilità condivisa”. E «la responsabilità personale è il fascino e il rischio della democrazia, della vita in questa terra che amiamo, della continuità di una civiltà di cui siamo fieri».
«L’impressione del crollo imminente della civiltà, della rovina disastrosa della città segna non raramente anche la storia di Milano», riconosce Delpini. Così era al tempo di Ambrogio. Così è oggi. «Per Ambrogio, ciò che caratterizza i cristiani è la fede, la decisione di porre Gesù, Figlio di Dio, come fondamento per una costruzione che non solo sappia resistere alle tempeste ma possa anche trovare nuova vitalità, serenità, speranza. Rinnovo anch’io la mia professione di fede oggi, e condivido con tutti gli uomini e le donne di buona volontà la mia lettura delle minacce e delle ragioni della fiducia».
Le minacce, dunque. La prima: la paura del futuro di «una generazione che non vuole diventare adulta». E che non riceve dagli adulti di oggi «buone ragioni per desiderare di diventare adulti, di fare scelte definitive, di formare una famiglia e di avere figli». Uno scenario drammatico, fra emergenza educativa e una «crisi demografica» che si fa «cronica e sembra irrimediabile». Poi: queste città del nostro tempo che «non vogliono cittadini» e dove «chi cerca casa si vede chiudere la porta in faccia». Perché non ha abbastanza soldi né credito. O perché non è «abbastanza italiano». E poi: un sistema di welfare «in declino». Dove «ancora preoccupano le liste di attesa, la dilatazione insopportabile dei tempi, il privilegio accordato a chi ricorre alla sanità privata a pagamento». Tutti «aspetti inquietanti». Intanto «il privato profit fa della salute un affare. Il privato non profit in ambito socio-sanitario si sente spesso ignorato e mortificato. Gli ospedali pubblici e le loro eccellenze rischiano di essere screditati».
Parole forti e chiare anche per «l’intollerabile situazione delle carceri». Ebbene: «La Costituzione della Repubblica italiana è tradita per le pessime condizioni dei carcerati e per la formazione e il trattamento del personale della Polizia penitenziaria. La Costituzione è tradita per la sempre maggiore recrudescenza delle norme. La Costituzione è tradita per la scarsissima accessibilità dei percorsi di reinserimento sociale dei condannati». Sovraffollamento, autolesionismo, suicidi. Una esecuzione della pena che diventa scuola di odio, non di riscatto. «L’orientamento di una mentalità repressiva che cerca la vendetta piuttosto che il recupero segnala una crepa pericolosa nella casa comune», tira le somme il presule.
Altre parole forti sono quelle per denunciare «il capitalismo a servizio dell’indifferenza». Un capitalismo «malato» che «ignora la funzione sociale e la responsabilità morale della finanza». Parole forti che si fanno brucianti, nella Milano che ama definirsi «capitale finanziaria». «La città diventa appetibile per chi ha molto denaro da investire. Nel mondo in guerra, nel mondo ingiusto, nel mondo del lusso incontrollato le risorse finanziarie nel sistema creditizio sono impegnate in modo scriteriato per rendere più drammatica l’inequità che arricchisce i ricchi e deruba i poveri», denuncia il pastore. Che aggiunge, toccando un altro tema a lui non nuovo: «La città diventa appetibile per chi ha molto denaro da riciclare. Il denaro sporco, con il suo fetore di morte, invade la città grazie a persone contagiate dall’indifferenza, dalla paura o dall’avidità e propiziano il diffondersi di virus pericolosi per l’economia della gente onesta».
Ebbene: «di fronte alle crepe che minacciano la stabilità della casa comune», ecco quelli che si fanno avanti per «aggiustare il mondo». «Si fanno avanti – così li presenta Delpini – coloro che riconoscono nella fede cristiana un fondamento necessario per la speranza e una motivazione decisiva per l’impegno. Si fanno avanti coloro che sono animati da una passione per il bene comune e avvertono la vocazione alla solidarietà come fattore irrinunciabile per la loro coscienza. Si fanno avanti coloro che custodiscono principi di giustizia, pensieri di saggezza, consapevolezza delle proprie responsabilità, e che non sarebbero in pace con sé stessi se si accomodassero nell’indifferenza».
L’arcivescovo ne traccia il ritratto, dà loro voce. Ecco, dunque, la coppia di sposi che testimonia, assieme ai loro figli, «la forza e la bellezza» dell’amore e che abita «la via della riconciliazione e del perdono». Ecco la giovane donna, sindaco del paese, che accetta di assumere «la responsabilità del bene comune» e del «sostegno alle fasce deboli». Ecco gli educatori – il prete, l’insegnante, l’educatore professionale – che si fanno avanti come «testimoni di speranza» per «offrire alle giovani generazioni le buone ragioni per diventare adulti fiduciosi e generosi», accompagnandole a «vivere la vita come vocazione al bene e alla felicità».
Delpini dà voce anche alla «responsabile del carcere» che si assume la responsabilità «di applicare la Costituzione»; al commercialista, al notaio e all’avvocato che si assumono la responsabilità di «essere onesti» e di «non aprire la porta» del proprio studio «al denaro disonesto»; all’imprenditore che non mira alla speculazione ma «a dare lavoro e produrre eccellenza»; al carabiniere, al poliziotto, al finanziere che di sé dicono: «Non mi lascio convincere da chi vuole corrompermi. Non mi lascio impressionare dai delinquenti educati, in giacca e cravatta. Non manco di rispetto verso chi è vestito male, parla male l’italiano, non conosce le regole del convivere perché nessuno gliele spiega».
Non manca il politico. Che per voce di Delpini, dice: «Io mi impegno per favorire il confronto, per approfondire le problematiche, per semplificare la vita della gente. Avverto che la nostra politica deve avere un respiro europeo e un’anima alimentata da principi di sussidiarietà e solidarietà. L’umanesimo europeo, la centralità della persona, il valore della famiglia, l’attenzione ai fragili, il rispetto dell’ambiente e della libertà ispirano il mio impegno». E non manca il giovane, a spiegare come «la cura e il rispetto per l’ambiente, l’impegno per la pace e la giustizia, la solidarietà con i poveri, la creatività per mettere la tecnologia al servizio delle persone e del bene comune» sono la bussola del suo impegno. E non manca infine, in questa galleria, «il cittadino comune». Che dice: «Cerco di fare il mio dovere di cittadino, onesto sul lavoro, affidabile in famiglia. Pago le tasse e so che quello che è dovuto è necessario per una città e un paese ben organizzati, per rendere accessibili a tutti i servizi necessari. Per questo sono sdegnato per gli sperperi del denaro pubblico e la corruzione». Tutti insieme, costoro, possono dire di fronte alle minacce di crollo: «Noi non saremo complici».
Anzi: sono loro a far sì che la casa non cada, grazie alla dedizione quotidiana all’opera di «aggiustare il mondo». Anche oggi, sfidando lo scetticismo del contesto culturale post-moderno, sottolinea il presule. A muoverli un «invincibile desiderio di bene» che è «opera di Dio» e ha «la pietra angolare» in Gesù. Dunque: «La casa non cadrà perché ci siete voi, convinti che valga la pena considerare la vita come vocazione a servire piuttosto che come pretesa di essere serviti. Non cadrà perché ci siete voi, uomini e donne pensosi, appassionati al cammino dell’umanità e al destino di questa città e di questa terra. Ci siete voi, fieri di fare il bene, che trovate insopportabile il malaffare e l’indifferenza, l’egoismo e la rassegnazione. Ci siete voi, uomini e donne di fede che sapete pregare per non cadere in tentazione. Ci siete voi, uomini e donne di ogni credo e di ogni appartenenza che sapete percorrere con tenacia e perseveranza le vie del bene. Ci siete voi, uomini e donne abitati dalla gioia di essere vivi, di essere insieme, di essere in cammino verso un futuro desiderabile – conclude l’arcivescovo –. Ci siete voi. E io vi ringrazio».
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