Lotti: «Oggi in marcia da Perugia ad Assisi per diritti umani e legalità»
Parla il presidente della Fondazione che promuove l'evento. Oggi migliaia di persone si metteranno in strada; parola d'ordine fraternità

Le bandiere della pace hanno cominciato a colorare Perugia già dal primo pomeriggio di ieri. Oggi si moltiplicheranno, diventeranno un unico fiume che arriverà fino ad Assisi. «Mi auguro che sia una importante giornata in difesa della legalità internazionale, del diritto internazionale e dei diritti umani». È il grande auspicio di Flavio Lotti, presidente della Fondazione PerugiAssisi. Lo incontriamo alla vigilia della Marcia per la pace e la fraternità.
Alla testa della Marcia ci sarà uno striscione con la scritta “fraternità”.
La fraternità è l'alternativa alla guerra. Sarà una Marcia della pace e della fraternità. Una parola oggi bistrattata, deformata, stiracchiata e manipolata. La fraternità ci ricorda che le relazioni non devono essere improntate al dominio, allo sfruttamento o alla competizione. Ma devono essere rivolte al riconoscimento e al rispetto reciproco. Oggi abbiamo una ragione fortissima per costruire la società della fraternità, ovvero la drammatica situazione nella quale viviamo. Pensiamo alle emergenze climatiche, alle decine di milioni di persone che sono costrette a lasciare le proprie case, alle guerre e a tutte le loro conseguenze. Ma anche all'intelligenza artificiale. Nessuno di questi problemi può essere risolto all'interno dei confini nazionali. Chi vuole la pace deve dire di no a tutti i nazionalismi, perché ci portano al disastro.
Da Bastia Umbra partirà la prima Marcia delle bambine e dei bambini per la pace.
Abbiamo voluto recuperare l'insegnamento di papa Francesco, che nei suoi dodici anni di pontificato ci ha guidato nel cammino di riscoperta e di ricerca della pace. Ha messo i bambini al centro suggerendoci che dobbiamo ricominciare a imparare da loro, perché ci possono indicare come si può fare oggi la pace.
Ci saranno anche oltre 1.000 aclisti con la Carovana della pace.
Una bellissima iniziativa. Abbiamo bisogno di camminare insieme e le Acli rappresentano un ponte tra mondi diversi.
Alla vigilia della Marcia si è tenuta l’Assemblea dell’Onu dei Popoli. Che cosa è emerso?
Sicuramente la volontà di camminare insieme. Le persone che hanno partecipato sono arrivate da 35 Paesi del mondo. Penso che sia nata una nuova alleanza.
Che cosa avete intenzione di fare?
Innanzitutto, faremo il Giro d'Italia per la Pace. Per gli ottocento anni di san Francesco porteremo in tutto il Paese la lampada di Assisi. Poi inaugureremo in ogni città dove andremo un cantiere di pace e una o più scuole di pace. Quindi lavoreremo sui territori, e infine vogliamo andare a Gerusalemme e a Gaza. Se davvero questo cessate il fuoco continuerà, dobbiamo ritornare lì per parlare con entrambe le parti e continuare il sogno di Giorgio La Pira.
Questi giorni si sono aperti proprio con la notizia della tregua.
È stato un primo passo necessario e importante. Lo chiediamo anche per l'Ucraina e per tutti i popoli che sono martoriati dalla guerra. È un segnale importante, ma non è per niente la pace, e nemmeno la fine del genocidio. Se davvero vogliamo festeggiare questo cessate il fuoco dobbiamo essere pronti a dare una mano sia ai palestinesi sia agli israeliani che vogliono veramente mettere fine a questo scontro pluridecennale. In quella terra c'è posto per entrambi i popoli. Dobbiamo evitare che il cessate il fuoco sia seguito ancora una volta da una ripresa di questa carneficina assolutamente inaccettabile.
Ha citato l’Ucraina. Nel frattempo, continuano gli attacchi russi con droni e missili. Nel corso dell’Assemblea l’attivista ucraina Shaluhin ha rivendicato il diritto alla difesa. Come si coniuga con la vostra lotta al riarmo?
Tutti abbiamo diritto alla difesa, il problema è con quali strumenti. Oggi siamo talmente immersi in una cultura della guerra che ci sembra che solo con le armi ci si possa difendere. Peccato che in questi quasi quattro anni di guerra in Ucraina non abbiamo salvato la vita delle decine di migliaia di persone che sono state ammazzate. La guerra non è in grado di fermare la guerra, non è mai accaduto. I conflitti si mettono fine soltanto attraverso il negoziato politico che oggi sembra difficilissimo, perché che non lo stiamo più praticando.
In tutto ciò la Commissione europea si prepara a presentare la tabella di marcia per il piano di riarmo.
È una follia. Quello che si sta facendo è il tradimento dei valori e della stessa ragion d'essere dell'Europa. Dobbiamo lavorare per impedire che questo accada.
Venerdì, proprio durante la sessione sul riarmo, è arrivata la notizia del Premio Nobel per la Pace assegnato a Machado. L’opinione pubblica si è divisa, perché ha rivendicato l’uso della forza per destituire Maduro.
Penso che il Comitato si stia molto allontanando dai principi originari. È un Nobel che certamente premia una persona che si sta battendo per la democrazia. Tuttavia, i conflitti bisogna risolverli, non alimentarli.
Lei a chi lo avrebbe dato?
Oggi dovremmo assegnare il Nobel a tutte le persone che si spendono per la comunità. Non solo a una persona. Basta con l’individualismo. La pace è il risultato di un lavoro di squadra.
La Marcia si concluderà con la manifestazione per Gaza sulla Rocca Maggiore di Assisi. Ci sarà anche Francesca Albanese. Anche le sue osservazioni hanno diviso l’opinione pubblica.
La stanno attaccando, ma nessuno è mai riuscito a contestare le sue ricerche nel merito. Dice verità che non si vogliono sentire.
Al centro di questi giorni, anche la preghiera. Ieri sera c’è stata la veglia interconfessionale e stamattina ci sarà la Messa.
I credenti hanno una responsabilità e un’energia in più, quella della fede. Abbiamo presentato la Marcia nel palazzo dell'arcidiocesi di Perugia- Città della Pieve. Questo è il segno più bello anche dell'eredità di papa Francesco. Una Chiesa aperta e inclusiva capace di parlare a tutto il mondo.
Papa Leone XIV ha annunciato il suo primo viaggio apostolico in Turchia e in Libano. Può aprire un nuovo capitolo di pace in Medio Oriente?
È sicuramente parte di questo percorso. Andare in Libano oggi vuol dire mettere i piedi nelle terre segnate dall'odio, dalle divisioni e da ferite profondissime. Questo ci ha insegnato papa Francesco. Penso che papa Leone continuerà su questa strada.
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