La strage invisibile dei senza dimora: quest'anno ne sono morti 400
L’ultimo caso ad Avezzano, in una cascina usata come riparo notturno. Dal 2020 si sono contati oltre 1.200 decessi tra i clochard. Nel 2026 l’Istat quantificherà (finalmente) il fenomeno

Sono storie tanto minime quanto tragiche, confinate ai margini della cronaca. Le morti dei senza dimora non fanno notizia, ma continuano senza sosta. L’hanno chiamata “la strage invisibile”, perché in strada si muore di freddo ma non solo, d’inverno ma anche d’estate, eppure nessuno sembra accorgersene. I clochard vivono sotto un portico, dormono in un letto fatto di stracci e cartoni, ma in pochi si curano di loro. Esposti a intemperie e pericoli, la loro sorte sfocia spesso in dramma. Sono 399 le vittime del 2025 (secondo i dati della Fio.Psd, la federazione degli enti che assistono queste persone), e dicembre purtroppo non è ancora finito. Cifre che avvicinano tristemente all’anno nero 2024, quando si contarono 434 decessi tra i senzatetto. Nel 2023 furono 415, l’anno prima 399. Più di mille e duecento morti in quattro anni. L’ultimo caduto in questa guerra contro la miseria si è registrato ad Avezzano, vicino all’Aquila. In una cascina abbandonata, usata abitualmente come riparo notturno da chi non ha una casa, è stato trovato un corpo carbonizzato. Una macabra scoperta, su cui indagano i carabinieri nel tentativo di ricostruire l’accaduto e nella speranza di dare almeno un nome alla vittima. Perché oltre a essere morti ignorate, queste sono troppo spesso morti anonime. Come capitato due giorni fa in un'isola ecologica a Gravere, comune della Val di Susa a quasi 900 metri di altitudine, nella provincia di Torino. Un uomo è stato trovato in stato di ipotermia intorno alle 9 del mattino: soccorso dal 118, è stato trasportato in ambulanza all'ospedale di Susa, dove però è stato dichiarato il decesso. Il senza dimora era senza documenti, anche in questo caso si sta cercando di attribuirgli pietosamente un’identità.
Il freddo resta uno dei nemici principali di chi trascorre la notte all’addiaccio: i dormitori funzionano a pieno regime in tutte le città, ma non tutti accettano di andarci, per motivi personali e a volte banali, come quello di non poterci portare il proprio cane, unico compagno di vita. A Modena si è scoperto che alcuni clochard si sono rifugiati negli spazi e persino in alcuni loculi vuoti del cimitero di San Cataldo, tra lo stupore e l’imbarazzo di chi la mattina si recava a trovare i defunti. Forse non è un caso. Un’inchiesta del Sunia e della Cgil, presentata pochi giorni fa, ha rilevato come proprio Modena sia la città con la più alta crescita dei canoni medi delle stanze in affitto in un anno, passati da 385 a 506 euro, con un incremento del 31%.
Per avere un quadro più preciso del fenomeno, il 26, 28 e 29 gennaio 2026 l'Istat, in collaborazione con Fio.Psd, promuoverà “Tutti contano”, una rilevazione quali-quantitativa sulle persone che vivono in strada e nelle strutture di accoglienza di 14 città metropolitane. Nel corso delle tre serate, centinaia di volontari e volontarie, divisi in squadre assegnate a zone diverse, percorreranno le strade, gli spazi pubblici delle città e varcheranno le porte delle strutture di accoglienza, non solo per contare i senza dimora, ma anche per intervistarli e cercare di comprenderne più a fondo fatiche e bisogni. La questione è dolorosa, complessa e diffusa: non riguarda solo l’Italia. A Parigi il numero delle persone senza dimora ha raggiunto il livello più alto degli ultimi sei anni: lo ha annunciato l'associazione France Terre d'asile secondo cui, a fine novembre, 663 tende di fortuna sono state recensite nei principali accampamenti della capitale, francese equivalente ad una “forchetta” compresa tra le 985 e le 1723 persone. Secondo Le Monde, l'aumento delle perone in strada sarebbe legato al calo degli alloggi solidali e la stretta sui permessi di soggiorno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA






