venerdì 24 gennaio 2020
Da Genova a Nuova Delhi, con le due figlie naturali, per abbracciare la piccola scartata alla nascita dalla famiglia d’origine a causa della labiopalatoschitosi
Il primo incontro, in India, tra la famiglia Rena e la piccola Shivani

Il primo incontro, in India, tra la famiglia Rena e la piccola Shivani

COMMENTA E CONDIVIDI

Non bastavano due figlie a Marco e Alessia. Impiegata lei, artigiano lui, una vita tranquilla divisa tra i lavoro e la famiglia nel cuore di Genova. Ma c’era un sogno, «quello di aprire le braccia a qualcuno che avesse bisogno di noi oltre di noi». Il sogno di adottare. A raccontarlo, di questi tempi, «si rischia di non essere presi sul serio. E in effetti se torno con la mente a tutto quello che abbiamo passato – spiega Alessia – mi viene male». Nella stanza irrompe all’improvviso Shivani, una splendida bambina dai tratti indiani: «Mamma cosa fai?». «Racconto la tua storia, amore mio».

Shivani fino a due anni fa era un puntino sperduto nelle campagne fuori Nuova Delhi. Abbandonata alla nascita per il suo aspetto: labiopalatoschisi la diagnosi medica, una condanna a morte a vista in quella parte del mondo. «Pensare che quando ci hanno chiamato a Milano la prima volta, dal Ciai, per parlarci di lei, non ci abbiamo pensato nemmeno un attimo – confessano mamma e papà –. Era nostra figlia ancora prima di vederla». Il percorso di adozione di Alessia e Marco è durato 5 anni: «Il fatto che avessimo già due figlie, e una quotidianità impegnativa, ci ha senz’altro aiutati nell’accettare i tempi lunghi della burocrazia, dei colloqui. E ci ha aiutato anche ad essere sinceri l’una con l’altro, in quello che eravamo disposti ad accogliere nella nostra vita».

Per incontrare Shivani, da Genova la famiglia Rena è andata dall’altra parte del mondo. E al completo, con Clara (la figlia maggiore, che oggi ha 13 anni) e Arianna (la minore, di 10). «Loro hanno partecipato a tutto il percorso di adozione, ci è sembrato giusto così. D’altronde dovevano accogliere una sorella, da un giorno con l’altro, e nella loro stanza». Il volo, di notte, nel novembre 2017 «ci è sembrato durare all’infinito. Quando siamo arrivati nell’istituto dove Shivani è cresciuta e l’abbiamo vista ci siamo sciolti in lacrime. È stato davvero come vederla nascere, un’emozione incredibile». Shivani, che aveva già 3 anni, parlava però una lingua tutta sua: «Complice il suo problema, aggiunto a un leggero difetto nell’udito, aveva un modo di parlare incomprensibile al mondo – spiega Marco –. Soltanto Arianna la capiva». E così, per sua sorella, Arianna ha costruito coi fogli un vocabolario per Shivani: «Nello spazio di qualche settimana ha capito il senso di molte delle parole che lei pronunciava e le ha tradotte. Senza quel vocabolario per noi sarebbe state difficilissimo comunicare con sua sorella. È stata lei che ci ha aiutato».

Pensare che, una volta arrivati a casa, è stato proprio il rapporto tra la piccola Arianna e Shivani quello più difficile da costruire: «Arianna doveva accettare il fatto di non essere più, improvvisamente, la più piccola. E Shivani sapeva già molto bene imporre i suoi “no”. La cosa più difficile però – continua Alessia –, cioè quella di andare d’accordo e di costruire un nuovo rapporto tra noi, è quella che poi ci ha trasformato in un’altra famiglia. Diversa da quella che eravamo prima di Shivani». Un percorso in cui la famiglia Rena è stata accompagnata dagli operatori del Ciai, che prevede un accompagnamento delle coppie anche dopo l’adozione: «La verità – ammette Marco – è che in queste persone abbiamo trovato degli amici, disponibili a ogni ora del giorno e della notte. Un fatto fondamentale in un percorso difficile e impegnativo come l’adozione».

Oggi la piccola Shivani ha 5 anni ed è sotto controllo dei medici, sta facendo un percorso ortodontico specifico per risolvere i suoi problemi sia nel linguaggio che nell’udito. «Noi cerchiamo di sopravvivere a queste tre piccole donne, che più crescono più vorrebbero la loro indipendenza. E che un giorno litigano come pazze e un giorno si amano alla follia».

Se è valsa la pena aspettare 5 anni, «sconvolgere la nostra vita, finire in un paese sperduto dell’India dove tra l’altro la piccola Arianna s’è ammalata e ci ha fatto spaventare, e poi tornare e dividerci tra queste tre figlie?». Alessia e Marco non hanno dubbi, vorrebbero urlarlo all’Italia che oggi ha paura.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: