mercoledì 2 ottobre 2019
Tra le novità un limite massimo annuo di spesa, oltre il quale la prestazione sarà gratuita. Prevista anche l’abolizione del superticket. Due miliardi in più per il Fondo nazionale sanitario del 2020
Il ministro Speranza: «Chi ha di più metta di più» Nella bozza di ddl per il riordino delle compartecipazioni sanitarie alle prestazioni rimangono esenzioni per fasce vulnerabili e malati cronici o rari

Il ministro Speranza: «Chi ha di più metta di più» Nella bozza di ddl per il riordino delle compartecipazioni sanitarie alle prestazioni rimangono esenzioni per fasce vulnerabili e malati cronici o rari

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Il ragionamento di fondo è uno 'sconto' in base al reddito. Il governo inizia a mettere i punti fermi in vista della manovra e, nella promessa di non ridurre i fondi alla sanità, ma di abbassare le tasse ai cittadini, rispolvera una riforma su cui a Lungotevere Ripa si ragionava da anni: la rimodulazione dei ticket sanitari. E il nuovo ministro della Salute, Roberto Speranza, – che ha anche annunciato l’aumento di 2 miliardi del Fondo nazionale sanitario per il 2020 – traccia la sua linea nell’ottica della compartecipazione progressiva dei cittadini alle prestazioni in base al «reddito familiare equivalente», vale a dire del reddito prodotto dal «nucleo familiare fiscale rapportato alla numerosità del nucleo familiare ».

La novità, insieme all’abolizione del superticket da 10 euro per prestazioni ambulatoriali e specialistiche, è contenuta nella prima bozza di ddl sul riordino in materia che prevede anche un importo limite massimo di spesa nell’anno, al raggiungimento del quale cesserà l’obbligo dell’assistito di partecipare alla spesa sanitaria. Una logica di progressività che il secondo esecutivo Conte ha intenzione di applicare come principio cardine anche sul fronte fisco, dando meno sgravi a chi guadagna di più, persino sulle detrazioni per le ristrutturazioni edilizie.

Ma è sulla sanità che la riforma si annuncia più radicale, visto che oggi tutti i cittadini partecipano in egual misura alle prestazioni sanitarie pubbliche di cui fruiscono – in media 36 euro ma le fasce cambiano da regione a regione – con la sola esenzione per over 65 che hanno un reddito inferiore a 36mila euro e per i malati cronici. Ma l’uguaglianza, è scritto nella bozza di ddl, «si realizza nel momento in cui tutti i cittadini hanno le medesime possibilità di accedere alle prestazioni erogate dal sistema sanitario nazionale. È di tutta evidenza che questo non può prescindere dalle relative condizioni economiche e reddituali». Un punto che lascia qualche dubbio di applicazione, invece è che la nuova disciplina «dovrà garantire, comunque, un introito per il Ssn equivalente a quello attualmente percepito a titolo di ticket e di quota fissa sulla ricetta».

Cioè circa 3 miliardi di euro dei quali le Regioni non possono fare a meno. Tutte novità che il ministro Speranza ha spiegato con un video su facebook, all’indomani del Cdm in cui si è dato il via libera alla nota di aggiornamento al Def. Il riordino dei ticket si farà «con un criterio di progressività », tenendo conto della vulnerabilità dei cittadini e delle malattie di cui sono affetti. Oggi infatti, ha rilevato Speranza, «di fronte a un ticket sanitario non conta quanti soldi hai e non conta se sei un miliardario o una persona in difficoltà economica ».

E su questo meccanismo, aggiunge, «credo che si possa intervenire con un principio molto semplice: chi ha di più deve pagare di più». Un concetto che governo e Regioni avevano già messo nero su bianco a maggio, abbozzando il nuovo Patto per la salute. Quanto al super-ticket, invece, il ministro lo definisce «un balzello di 10 euro che purtroppo non consente a troppi cittadini di accedere al Ssn», dunque è sbagliato «e ci impegniamo a superarlo», assicura Speranza, affermando che si batterà «nei prossimi mesi perchè questo avvenga nel più breve tempo possibile».

Anche se tra le priorità resta quella della carenza di personale (solo tra i medici sono previsti 45mila pensionamenti in cinque anni), con le Regioni che hanno proposto di lasciare in corsia i camici bianchi fino a 70 anni. «Ci siederemo subito con le Regioni – conclude – per provare a sottoscrivere nel più breve tempo possibile il nuovo Patto per la salute, in cui affronteremo la questione».

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