martedì 10 luglio 2018
Per il ministro dell'Interno la criminalità organizzata è «un cancro». La visita al ghetto di San Ferdinando: basta sfruttamento, prostituzione e spaccio
Il selfie con Salini alla nuova tendopoli di San Ferdinando (Ansa)

Il selfie con Salini alla nuova tendopoli di San Ferdinando (Ansa)

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Una giornata tra selfie e qualche piccola contestazione pacifica, quella trascorsa dal ministro dell’Interno Matteo Salvini che in Calabria ha visitato prima un immobile confiscato alla cosca Gallico, che diventerà la sede del commissariato di polizia di Palmi, e poi è stato nella baraccopoli di San Ferdinando, per concludere la visita in una piazzola dell’autostrada del Mediterraneo a Scilla, davanti alla stele che ricorda gli appuntati dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi dalla ’ndrangheta il 18 gennaio 1994, e dove Salvini si è intrattenuto in colloquio privato con le rispettive vedove.

A fare da sottofondo a questo tour nella provincia di Reggio Calabria, dopo che la sera precedente si era concesso una passeggiata sul lungomare della città dello Stretto per gustare un gelato ed una brioche, i temi legati alla lotta alla ’ndrangheta, definita dallo stesso ministro «un cancro, che si è allargato a tutta l’Italia», e al contrasto dell’«immigrazione fuori controllo» che, ha affermato, «porta solo il caos».

Nella tendopoli di San Ferdinando, Salvini, oltre che visitare alcune tende, si è soffermato a parlare con alcuni immigrati ponendo loro domande sulle condizioni in cui vivono. «Noi siamo qui da un bel po’ e stiamo soffrendo», ha esordito uno di loro specificando che metà dei presenti «è senza documenti e li sta aspettando» e denunciando, nel contempo, lo sfruttamento a cui molti di loro sono sottoposti. «Ci danno un euro a cassetta e ci sono anche i caporali neri che vivono qui».

Parole dopo le quali Salvini, facendo presente che «la legge è legge», è partito deciso all’attacco. «Vedremo di controllare chi sfrutta – ha promesso – ma voi dovete segnalare chi vi sfrutta. Speriamo di fare qualcosa», fermo restando che «occorrono limiti, numeri e regole. Chi ha diritti – ha affermato – è giusto li chieda e che non ci siano sfruttamento, prostituzione e spaccio. Lavoreremo per dare diritti con una immigrazione controllata. Civiltà e legalità devono tornare parole d’ordine di uso comune e corrente in Italia» perché, nonostante gli sforzi di coloro i quali operano all’interno della tendopoli, «qua non si può lavorare, campare così. Chi parla di immigrazione senza controlli dovrebbe venire a vivere una settimana a San Ferdinando e lavorare qua. Poi riparliamo del fatto che dobbiamo aprire i porti a chiunque».

Per Salvini, quindi, immigrazione irregolare e ’ndrangheta, in un certo senso sarebbero le facce di una stessa medaglia in quanto «chi scappa dalla guerra e ha diritto a vivere in Italia è il benvenuto. Chi invece non scappa dalla guerra ed è semplicemente un nuovo schiavo a disposizione della malavita organizzata non deve stare né a San Ferdinando né in Italia». Da qui la sollecitazione «alle forze dell’ordine, che già fanno di tutto e di più, alla magistratura e all’ispettorato del lavoro, di aumentare i controlli su chi sfrutta, perché se ci sono degli sfruttati ci sono degli sfruttatori».

Parole, queste, che fanno seguito alle dichiarazioni rilasciate poco prima a Palmi: «È cominciata una guerra senza quartiere contro la criminalità organizzata – aveva detto – non solo in Calabria, ma in tutta Italia. Perché la ’ndrangheta è un cancro».

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