giovedì 23 agosto 2018
Nel Meeting più popolato da giovani degli ultimi anni (anche fra i relatori), sale in cattedra il percorso di educazione agli affetti della ginecologa cilena famosa in tutto il mondo
Gallini

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Altro che inverno demografico: al Meeting non c’è mai stata tanta gioventù. Non solo tra i padiglioni, dove i ragazzi e le ragazze hanno sempre costituito la maggioranza dei volontari e dei visitatori, tra cui abbondano i bambini anche piccolissimi, per non parlare dei neonati.

No, il vero segnale di questa edizione 2018 viene dal coinvolgimento diretto delle nuove generazioni nel lavoro di programmazione e nella stessa conduzione degli incontri. Una svolta che cade, non a caso, nell’anno in cui ricorre il cinquantenario di quel Sessantotto che anche nella storia di Comunione e Liberazione rappresenta un periodo decisamente formidabile. Giovani erano allora gli studenti raccolti attorno a don Giussani, giovani sono adesso i ragazzi che hanno contributo all’organizzazione della mostra e dei dibattiti che mettono a tema la contestazione degli anni Sessanta. Ma non si tratta di un caso isolato, come confermano dalla cabina di regia del Meeting. Se finora il contributo dei giovani si arrestava metaforicamente ai piedi del palco, l’impressione è che da questo momento in poi li si troverà sempre più spesso fra i relatori.

La cui età media è già stata drasticamente abbassata martedì da Verónica Cantero Burroni, la sedicenne scrittrice argentina che ha interpretato il titolo del Meeting ('Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono l’uomo felice') a partire dalla sua condizione di disabile.

A ventiquattr’ore di distanza, ieri al suo posto si trovava Giulia Guidi, maggiore di Verónica per uno scarto di non molti anni. Studentessa alla Cattolica di Milano, ha lei il compito di guidare l’incontro sull’unità della persona, tema classico dell’antropologia del movimento, la cui declinazione attuale deriva però dall’esperienza della giovane moderatrice.

Dopo aver partecipato ai seminari di Teen Star, Giulia è diventata tutor di questo percorso di educazione alla sessualità e all’affettività fondato da Pilar Vigil, la ginecologa cilena annoverata tra le massime autorità scientifiche in materia di fertilità. Una figura da cui la giovane moderatrice dell’incontro ammette di essere stata conquistata, dice, perché ha saputo «togliere il velo dell’imbarazzo» da un argomento che sembrerebbe ormai consegnato alla banalità e che invece conserva riserve inesauribili di delicatezza e di stupore.

Lo ricorda anche il rettore della Fondazione Sacro Cuore di Milano, don José Clavería, che con la stessa Pilar Vigil partecipa all’incontro coordinato da Giulia Guidi. “Don Pepe”, come viene familiarmente chiamato, passa molto tempo con i ragazzi e lo si capisce dalla sua capacità di trovare gli esempi giusti per dare forza al ragionamento. Dalla serie televisiva Black Mirror recupera l’episodio in cui un programma di intelligenza artificiale determina la durata ottimale di ogni relazione, fino a quando una coppia non si ribella e lotta per passare dalla provvisorietà alla stabilità, dal “finché dura” al “per sempre».

«Anche a livello scolastico – osserva Clavería – le difficoltà nello studio nascondono spesso un problema di relazione affettiva. Perché la persona umana è una sola, anzitutto. E perché sui sentimenti i giovani non si lasciano ingannare, come ha osservato papa Francesco nell’incontro dell’11 agosto al Circo Massimo».

Da parte sua, Pilar Vigil si richiama implicitamente all’Incontro mondiale delle Famiglie in corso a Dublino. La sua testimonianza mette in risalto la continuità tra il magistero di Giovanni Paolo II (che sostenne l’attività della studiosa tanto da chiamarla a far parte della Pontificia Accademia della Vita), di Benedetto XVI (la sua “pedagogia incarnata” pone il fondamento di una reale conoscenza di sé, premessa irrinunciabile per una relazione autentica con l’altro) e di Francesco, di cui si riprende la denuncia di un’educazione sessuale ormai ridotta a protocollo medico. «Il modello del “sesso sicuro” e il ricorso indiscriminato ai contraccettivi sono la conseguenza di un’ideologia per cui tutto sarebbe possibile, sempre e senza scopo – sottolinea Pilar Vigil –. Ma questo impedisce la vera intimità, che si consegue solo quando mi accorgo di vivere nel cuore di qualcuno diverso da me». Lasciando cadere il velo dell’imbarazzo, appunto.

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