venerdì 21 maggio 2021
«Dormiamo per terra, ma i capannoni sono peggio della strada» dicono. Le autorità stanno allestendo due accampamenti militari dove trasferire i giovani in attesa di identificazione

Madrid Hamid ha 13 anni, non si stacca dai due amici 16enni venuti con lui da Tetuán e coi quali da lunedì vaga per Ceuta: «Dormiamo per terra. Siamo stati al centro per minori e ci hanno detto che è pieno, ma i capannoni sono peggio della strada. Abbiamo fame, ma non torneremo in Marocco, là non c’è futuro», assicurano. Come loro, decine di adolescenti si aggirano scalzi e sperduti nell’enclave spagnola di 84mila abitanti.

I volontari di Acnur li raggruppano e li riportano nei padiglioni vicini alla spiaggia del Tarajal, dove fino all’altra sera con le donne e i più vulnerabili erano ammassati per terra o a dormire sulle scaffalature di ferro circa 850 minori non accompagnati, in attesa di completare i test anti- Covid e la quarantena. La Procura dei minori ha avvertito che le condizioni in cui sono tenuti «non sono adeguate », mentre le autorità stanno allestendo due accampamenti militari dove trasferire i giovani sin papeles, in attesa delle identificazioni. Ma molti scappano per restare in territorio spagnolo.

Tanti altri, anche bambini di 8 o 9 anni che con i fratelli maggiori avevano passato in massa la frontiera terrestre quando Marocco ha aperto i varchi, ora che sono chiusi im- plorano di tornare a casa dai genitori. «Sono molto piccoli e si sono visti coinvolti loro malgrado in circostanze che li superano» ha spiegato la direttrice di Infanzia del ministero degli Affari Sociali, Violeta Assiego. «Verificheremo i casi uno ad uno e garantiremo la massima protezione» ha aggiunto. La loro situazione resta la più delicata e difficile da risolvere nel caos provocato dall’onda d’urto di 9mila migranti – dei quali almeno 2mila minorenni, secondo stime governative – che si è abbattuta in 72 ore sulla città autonoma.

In 250 sono stati trasferiti al centro di accoglienza di Piniers, liberato da altrettanti minori residenti, smistati alla penisola nonostante le resistenze delle regioni dove l’estrema destra di Vox appoggia i governi locali. Mentre donne con le foto dei figli partiti a loro insaputa si aggirano fra la frontiera e la vicina Castillejos, dove si affollano giovanissimi che non hanno mezzi per tornare alle città d’origine. Moustafà lavora la terra ed è disperato, perché da martedì cerca invano Hamed e Moumin, i figli di 14 e 18 anni: «Hanno lasciato gli zaini a scuola e se ne sono andati.

Ho paura che gli sia successo qualcosa, non avevano mai dormito fuori casa» dice fra le lacrime. La prefettura di Ceuta ha attivato un numero di telefono al quale segnalare i casi di scomparsi. Il ministero spagnolo degli Interni negozia con l’omologo marocchino il ritorno dei migranti adulti per gruppi, e i primi sono partiti ieri da Ceuta su autobus affittati da Rabat. Ma non si sa quanti ragazzini siano stati respinti 'a caldo' fra i 5.600 rimandati d’immediato dal lato maghrebino del Tarajal. «La situazione eccezionale non può giustificare espulsioni dei minori, vietate dai trattati internazionali» denunciano 85 Ong, fra cui Caritas, Unicef, Cruz Roja e Save The Children. Nella calma apparente della fine degli sbarchi, la crisi è lungi dall’essere risolta. È stata ieri la ministra di Difesa, Margarita Robles, ad accusare il vicino di violare il diritto internazionale per permettere che i minori si giochino la vita a fini politici. «Non accetteremo alcun tipo di ricatto né che si metta in discussione la nostra integrità territoriale», il duro messaggio inviato a Rabat.

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