martedì 21 giugno 2022
Dopo l’ultima resistenza (e lo strappo di Di Maio), Conte cede e la maggioranza si compatta sulle dichiarazioni di Draghi in Senato prima del Consiglio Ue. Il testo passa con 219 voti
Draghi nell'informativa al Senato

Draghi nell'informativa al Senato - Ansa

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Una giornata partita tutta in salita si è chiusa in Senato con il voto pressoché unanime della maggioranza sulla risoluzione di sostegno al governo sulla crisi ucraina. Ma i 219 sì del Senato a Draghi (20 i contrari, 21 le astensioni), dopo le comunicazioni rese in aula dal premier alla vigilia del Consiglio Europeo arrivate in contemporanea con la scissione nel M5s guidata dal ministro Di Maio, coprono solo formalmente l’immagine di una compagine di governo più disarticolata che mai. «Ringrazio il Senato per il sostegno ad aiutare l’Ucraina a difendere la libertà e la democrazia», ha detto il presidente del Consiglio nella sua breve replica sottolineando che «l’unità è essenziale». Nel suo intervento Draghi aveva tra l’altro confermato il sostegno italiano all’adesione di Kiev alla Ue, insistito sulla necessità «ancora più urgente» dopo la riduzione delle forniture da parte di Mosca di imporre un tetto al prezzo del gas e ricordato che «ricercare la pace è il mandato ricevuto dal Parlamento».

IL TESTO DELL'INTERVENTO DI DRAGHI

L’unità della maggioranza era rimasta in bilico per diverse ore in mattinata, quando ancora si faticava a trovare il compromesso sul testo da presentare in aula, come già accaduto lunedì. M5s e Leu insistevano per una formulazione che riconoscesse al Parlamento un ruolo più attivo nelle scelte legate alla crisi internazionale, in particolare quella legate all’invio di armi all’Ucraina. Mentre Palazzo Chigi, sostenuto anche dal Pd (che pure si è speso per evitare la rottura con il M5s), difendeva l’impostazione contenuta nel decreto varato a fine febbraio, all’indomani dell’invasione russa. Una impasse che non si riusciva a superare, tanto che per qualche ora si era fatta strada l’idea di votare solo sulle dichiarazioni rese dal presidente del Consiglio, oppure di spacchettare la risoluzione in diverse parti, per circoscrivere gli elementi di divisione.

Alla fine è arrivato il compromesso che chiude provvisoriamente il capitolo. Fino alla prossima puntata. Il testo approvato rispecchia la richiesta di Draghi di non finire "commissariato", ma con qualche concessione al pressing di Giuseppe Conte. La risoluzione impegna infatti il governo a «continuare a garantire, secondo quanto previsto dal decreto legge 14, il necessario e ampio coinvolgimento delle Camere, in occasione dei più rilevanti summit internazionali riguardanti la guerra in Ucraina e le misure di sostegno alle istituzioni ucraine, ivi comprese le cessioni di forniture militari».

Per il resto la risoluzione sottolinea la necessità di «esigere, insieme ai partner europei, dalle autorità russe l’immediata cessazione delle operazioni belliche e il ritiro di tutte le forze militari» dal suolo ucraino, con «iniziative multilaterali o bilaterali utili a una de-escalation militare», aumentando in parallelo «gli sforzi diplomatici» utili «al raggiungimento di un cessate il fuoco» e più in prospettiva a «trovare una soluzione pacifica basata sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina e dei principi del diritto internazionale». Sul piano economico, si sollecita l’esecutivo per «compensare gli squilibri per gli Stati dovuti alle conseguenze economiche della guerra e alle sanzioni alla Russia e rafforzare politiche a favore di famiglie e imprese in difficoltà per gli effetti del conflitto». E dopo il voto del Senato Draghi risponde con un «no» a chi gli chiede se è preoccupato per la stabilità del governo.

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