giovedì 27 maggio 2021
Lettera a Governo e Parlamento dei presidenti di 40 realtà cattoliche per l’adesione al Trattato Onu che vieta il possesso di bombe nucleari. A Ghedi e Aviano custodite bombe all’idrogeno B-61
Il missile nucleare B-61 nella base di Ghedi, in una foto d’archivio

Il missile nucleare B-61 nella base di Ghedi, in una foto d’archivio

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«Italia ripensaci». L’appello al governo e al Parlamento, perché anche il nostro Paese ratifichi il Trattato Onu per la messa al bando delle armi nucleari, arriva dai quaranta presidenti nazionali delle maggiori realtà associative del mondo cattolico italiano e da quasi altrettanti esponenti della società civile. L’accordo internazionale, approvato nel 2017 alle Nazioni Unite da 122 stati tra cui la Santa Sede, è stato ostacolato e ignorato dal nostro paese, alleato Nato di potenze nucleari occidentali e custode, ad Aviano (PN) e Ghedi (BS) di circa 40 bombe nucleari. Lo stesso status quo dell’Olanda, 16 bombe B61 nella base di Volkel , ma che non gli ha impedito di schierarsi per il Trattato.

A rilanciare l’appello ieri alcuni dei suoi firmatari, durante l’incontro online moderato da Carlo Cefaloni del Movimento dei Focolari, che ha visto gli interventi dei rappresentanti di Beati i costruttori di pace, Associazione teologica italiana, Associazione Papa Giovanni XXIII, Agesci, Pax Christi, Acli, Coordinamento teologhe italiane, Fuci, Focsiv, Movimento cattolico mondiale per il clima, assieme alla parrocchia di Bozzolo di don Primo Mazzolari e al direttore di Avvenire Marco Tarquinio. «Il 22 gennaio 2021, al termine dei 90 giorni previsti dopo la 50esima ratifica, il 'Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari' è diventato giuridicamente vincolante per tutti i Paesi che l’hanno firmato», afferma l’appello dei 40. Il Trattato «rende ora illegale, negli Stati che l’hanno sottoscritto» anche solo «il possesso e l’immagazzinamento » di armi nucleari. L’Italia non ha né firmato il Trattato in occasione della sua adozione da parte dell’Onu, né l’ha ratificato.

L’appello dei 40 ricorda poi che «il 22 gennaio 2021 autorevoli esponenti della Chiesa cattolica di tutto il mondo, tra i quali il cardinal Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, e l’arcivescovo Giovanni Ricchiuti, presidente di Pax Christi Italia, hanno sottoscritto un appello in cui 'esortano i Governi a firmare e ratificare il Trattato'». Ora al pressing si unisce il mondo associativo che invita l’Italia a 'ripensarci': «Nel 2016 l’Italia votò no alle Nazioni Unite anche all’ipotesi di discutere un trattato contro le armi nucleari», ricorda Lisa Clark della Campagna Ican premiata col Nobel per la pace, e presidente di Beati i costruttori di pace. «Rimasi esterrefatta: non era un’azione degna della tradizione umanitaria del paese di cui io, nata negli Usa, ho scelto di appartenere per cittadinanza. Se oggi nel mondo cattolico siamo riusciti a mettere a fuoco questo obiettivo comune è grazie alla posizione di papa Francesco, che già nel 2014, ben prima dell’enciclica Fratelli tutti, parlò dell’immoralità del solo possesso, non dell’uso, delle armi nucleari».

Per Paolo Ramonda, presidente dell’Associazione Papa Giovanni XXIII, «l’appello si oppone al rischio di un suicidio dell’umanità provocato dalla deterrenza nucleare. È ora di affermare la forza del diritto contro il diritto della forza». Adesione convinta dagli scout e dalle guide dell’Agesci, conferma Barbara Battilana, presidente del comitato nazionale: «Il patto associativo prevede la formazione di 'cittadini di pace', in linea con l’ideale di fratellanza univerdale dello scoutismo voluto dal fondatore Baden Powell nel 1920, dopo la tragedia della I guerra mondiale». Per Matteo Bracciali delle Acli «l’Italia ci ha già ripensato, se oltre il 70% degli italiani è a favore del Trattato: le istituzioni sono molto in ritardo rispetto al sentire della gente». Don Renato Sacco, coordinatore di Pax Christi, ricorda che «a Cameri, vicino a dove abito, costruiscono i cacciabombardieri F-35 da quasi 150 milioni di euro l’uno, predisposti per l’uso di testate nucleari. Nel primo lockdownfurono fermate tutte le produzioni civili, non quelle 'incivili' come Cameri». Per il direttore di Avvenire, «l’appello ha l’obiettivo di 'stanare' politici e governanti: nel processo che ha portato al Trattato l’Italia si è dileguata. Nella società italiana c’è un cammino in corso, questa iniziativa mette il Palazzo di fronte ai suoi silenzi».

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