martedì 29 agosto 2017
Arrivato in Italia a tredici anni da uno sperduto villaggio a sud di Casablanca, in Marocco
«La mia vita è un film». Il pastorello diventato regista
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«Ho raccontato la mia vita in un film. Dalla mia infanzia in Marocco, lontano da mio padre, a correre per i campi, al mio arrivo a Milano, dove ho realizzato il sogno di diventare elettricista. Nel villaggio dove vivevo, non avevamo la corrente». La storia del pastorello diventato regista sembra una favola d’altri tempi, ma è la realtà di un giovane che a ventinove anni si è già fatto apprezzare da registi come il premio Oscar Gabriele Salvatores.

Arrivato a tredici anni da uno sperduto villaggio a sud di Casablanca, Adil Azzab si inserisce subito nel mondo del lavoro e contemporaneamente studia e si diploma come elettrotecnico. L’Italia è per lui anche il luogo dove può riabbracciare il padre. A cambiare il suo destino è la crisi economica. Il giovane perde il lavoro e si deve reinventare, ma non sa da dove iniziare. Torna in Marocco per riscoprire le sue radici e al rientro racconta ai suoi amici la sua esperienza. Tutti ne restano affascinati, tanto che nel 2011 gli viene l’idea di fare della sua esperienza di vita un film. Nasce il lungometraggio 'My name is Adil', sceneggiato anche da Magda Rezene e Andrea Pellizer, che dal 24 ottobre sarà distribuito in tutta Italia. La pellicola ottiene molti consensi, anche se in un primo momento Adil teme la reazione della famiglia. «All’inizio non l’hanno presa bene, poi quando mio padre ha visto il film, lo ha invece apprezzato. Attraverso la pellicola ho raccontato quello che è il mio mondo. Un’identità come sospesa tra due mondi, Marocco e Italia. Sono due mondi che mi appartengono e mi completano entrambi», conclude Adil, che è ancora in attesa della concessione della cittadinanza.

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