venerdì 31 agosto 2018
Il 1° gennaio l'Italia saluta la Lira. Grande l'aspettativa di una nuova integrazione. Che però ancora fatica a maturare
Fuochi d'artificio a Francoforte nella notte del Capodanno 2002 davanti alla sede della Bce (Ansa)

Fuochi d'artificio a Francoforte nella notte del Capodanno 2002 davanti alla sede della Bce (Ansa)

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C'era una volta la lira. C’erano anche il franco, il marco, il peso... Poi venne l’euro, e non fu soltanto un atto burocratico ma un evento dall’alto valore simbolico, il primo passo verso una meta purtroppo ancora remota. Ma come andarono le cose, in quelle prime ore del 2002?

Mettiamo per attimo da parte Avvenire del 2 gennaio e la sua cronaca. E facciamo parlare i 7 vip e l’uomo qualunque a cui il giornale dà la parola il 3 gennaio. Enzo Jannacci, ad esempio: «Non ho mai avuto un buon rapporto con i soldi. Forse per questo non sono ancora riuscito ad acquistare almeno un bicchiere di spuma con la nuova moneta. E pensare che ieri mattina sono andato al bancomat, io che non lo faccio quasi mai, per prelevarne un po’. Ma niente: il cassiere elettronico mi ha rifilato lire. Questo euro mi sembra un po’ ingrato. Io lo cerco, e lui non si fa trovare». Da un medico cantante che ama l’umorismo a uno psicologo dalla vena ironica, qui però serissimo, Fulvio Scaparro: «Ho accolto con gioia l’euro, pur non condividendo certe forme di eurodelirio. Mi sembra un passo da gigante verso l’integrazione europea e, di questi tempi, ciò che unisce i popoli non è certo da buttar via». Promosso. Esperienza estrema quella di Giulio Andreotti: «Ieri mattina ho preso un caffè, buonissimo, a Brunico. Ho pagato in lire e ho ricevuto il resto in euro: evidentemente qui sono preparatissimi». Guarda avanti, come suo solito, Ersilio Tonini: «Gli euro sono un segno, una promessa. È la strada che già Simone Weil indicava: un’Europa entro la quale limitare il principio di sovranità nazionale per fermare le guerre e costruire un’identità comune. La vera domanda di fronte all’euro allora è: ci riusciremo davvero?». La stessa domanda che continuiamo a farci oggi. Parlano anche Erri De Luca, Francesco Toldo e Carla Fracci. E infine Ciro, senza fissa dimora, che campa suonando la chitarra nella metropolitana di Roma: «Non mi hanno dato tantissimi euro, le lire vanno ancora molto forte». O forse i passanti preferiscono regalare la moneta moribonda.

Ma ecco l’apertura di prima pagina del 2 gennaio: «Con l’euro in tasca. Rivoluzione. Ha debuttato la nuova moneta. Oggi prova del fuoco per banche, poste e negozi». Delusione per i catastrofisti, insomma. «Il primo giorno dell’euro è filato via piuttosto liscio nei 12 Paesi aderenti. L’orgoglio di Prodi e di Duisemberg: "È un sogno che si avvera". Problemi si sono registrati in Italia quasi esclusivamente ai caselli autostradali, dove le operazioni di pagamento dei pedaggi sono state molto rallentate dal calcolo del resto in euro. I bancomat sono stati presi d’assalto fin dalla mezzanotte ma hanno retto, erogando 184 milioni di euro (356 miliardi di lire) per un totale di 2 milioni di prelievi. Oggi il vero banco di prova, con la riapertura di banche, poste, uffici, negozi e soprattutto il pagamento delle pensioni».

«Il sistema ha retto davvero», conferma Antonio Finocchiaro, vicedirettore generale della Banca d’Italia, intervistato da Eugenio Fatigante. Anche Romano Prodi, sentito da Paolo Bricco (titolo: «Un cambiamento radicale nella storia europea»), non nasconde la soddisfazione: «Mai nessuno ha chiesto all’euro di fare la gara con il dollaro. Alla moneta unica è stato demandato il compito di combattere l’inflazione e di riportare disciplina nelle finanze pubbliche. Il risultato è stato una razionalizzazione spettacolare della politica monetaria europea». Avvenire non nasconde però dubbi, problemi e anche piccoli grandi sogni. Luca Liverani intervista Giustino Trincia, responsabile europeo di Cittadinanzattiva, sugli aumenti ingiustificati: pedaggi, cinema, bus e soprattutto la giocata minima del Lotto, più 94%: «I sotterfugi e le speculazioni esprimono la cultura di chi non ha capito che l’euro non è un fatto solo economico ma è espressione di un’identità simbolica e politica di dimensioni sovranazionali». L’euro, infatti «è l’apripista di un più importante progetto quale il varo della costituzione europea, avviato dal vertice di Laeken».

Anche Giorgio Ferrari, nel suo primo commento (titolo: «Ma in filigrana c’è un profilo scialbo»), non nasconde i problemi: «Dietro all’euro che finalmente nasce ci sono rigidità che tardano a morire. Un mercato del lavoro scarsamente flessibile, per cominciare, un sistema pensionistico da revisionare, un sistema bancario non sempre all’altezza dei compiti che dovrebbe avere, un sistema fiscale molto lontano dai modelli più evoluti. Da ultimo, se è vero che da oggi esiste una moneta unica europea, è altrettanto vero che non esiste una politica economica europea. Il cammino, come si vede, è ben lungi dall’essere compiuto. Siamo solo all’inizio».

E tra tante previsioni azzeccate, una del tutto sbagliata. Capita anche ai migliori... Peppe Orru, nella sua corrispondenza da Londra, scrive: «L’arrivo, seppur lento e furtivo, dell’euro in territorio inglese sembra dunque indiscutibile e inarrestabile». Lieve eccesso di ottimismo, in effetti.

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