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Il Fondo Clero e gli altri tipi di pensione

Vittorio Spinelli giovedì 12 gennaio 2012
Diverse e fondate le ragioni che impongono una netta separazione del Fondo di previdenza per il clero dalle altre gestioni pensionistiche per il lavoro dipendente, autonomo o professionale. Per questo il Fondo non è stato coinvolto, come emerge nella legge 214 del 22 dicembre scorso, nelle numerose disposizioni della manovra Monti.
La distinzione previdenziale che rispetta la natura e lo status del ministro di culto non ha evitato tuttavia al Fondo clero una autonoma stagione di riforme, iniziata nell'anno 2000, tuttora in corso, e da concludere entro il 2013. All'interno di un percorso delineato dalla legge 488/1999, l'età minima per la pensione di vecchiaia è salita da 65 a 68 anni sin dal primo gennaio 2003. Invece il primo gennaio 2012 segna l'aumento da 18 a 19 anni dei contributi minimi necessari per ottenere la pensione di vecchiaia. Il gradino finale, che vedrà i ministri di culto a pari livello con altre categorie, sarà raggiunto il priomo luglio 2013, con l'aumento dei contributi minimi a 20 anni.
La differenza di un anno in più sulle prossime pensioni si traduce in un minore importo della rata mensile. La perdita si collega al sistema delle maggiorazioni sulla pensione che spettano dopo aver maturato i versamenti minimi. Rispetto al 2011 la nuova pensione perde di fatto 5,54 euro mensili.
Eccezioni. Ferma restando l'età pensionabile per tutti a 68 anni, la legge ha dovuto però prevedere alcune eccezioni all'aumento dei contributi, eccezioni analoghe a quelle che a suo tempo sono state riconosciute ad altre categorie:
1) sacerdoti esonerati dal ministero e sacerdoti in missione all'estero in anni anteriori al 2000 che hanno chiesto, entro il 30 novembre 1999, di pagare i contributi volontari nel Fondo, anche se non hanno poi effettuato alcun versamento. Per questi iscritti è rimasto in vigore il minimo contributivo di 10 anni, ma non quello dei 68 anni di età. Non è apparso, infatti, corretto aggravare gli interessati con ulteriori oneri che non erano previsti, né potevano prevedere, nel momento in cui richiesero a suo tempo l'autorizzazione alla contribuzione volontaria. La categoria è tuttavia prossima ad esaurirsi.
2) nella vita sacerdotale, che normalmente si snoda su un arco temporale per ben più di quaranta anni, il requisito minimo di 19 o di 20 anni di contributi, non fa una grande differenza. Il minimo per la pensione viene raggiunto da tutti, anzi largamente superato. Può incidere invece per un ristretto numero di ministri, entrati nel Fondo come vocazioni in età adulta oppure come religiosi poi incardinati nel clero diocesano. Una categoria che nel 1999 registrava un'età prossima a 66 anni. Pur rincorrendoli, non potrebbe mai raggiungere entro il 2013 i requisiti via via più elevati.
3) sacerdoti che al 31 dicembre 1999 erano in possesso dei vecchi requisiti di età e di contribuzione, cioè 65 anni di età e 10 di contributi. Il decorso del tempo ha ormai esaurito gli effetti di questa disposizione.