“Tosca” e “Stabat mater”: autunno d’oro all’Opera di Roma

Successo a teatro e in tv per il capolavoro di Puccini in occasione dei 125 anni della prima con la ricostruzione delle scene del debutto
November 8, 2025
“Tosca” e “Stabat mater”: autunno d’oro all’Opera di Roma
Il primo atto di "Tosca" all'Opera di Roma con l'allestimento ricostruito della prima avvenuta 125 anni fa / Fabrizio Sansoni - Opera Roma
Autunno d’oro per l’Opera di Roma. La stagione lirica si chiude con due “gemme”: la prima segnata dal successo di pubblico; la seconda di straordinaria suggestione e pathos, come in casi sempre più rari accade quando ci si siede di fronte a un’orchestra e al palcoscenico. 
Il terzo atto di "Tosca" all'Opera di Roma con l'allestimento ricostruito della prima avvenuta 125 anni fa / Fabrizio Sansoni - Opera Roma
Il terzo atto di "Tosca" all'Opera di Roma con l'allestimento ricostruito della prima avvenuta 125 anni fa / Fabrizio Sansoni - Opera Roma
La prima è “Tosca” in mondovisione per celebrare in 125 anni dell’opera di Giacomo Puccini nello stesso teatro in cui aveva debuttato: il Costanzi della capitale. Un omaggio entrato nelle case di mezzo mondo grazie alle telecamere della Rai con la ricostruzione completa e dettagliatissima dell’allestimento originale ideato da Adolf Hohenstein che è stata realizzata con la supervisione dell’Archivio Storico Ricordi. Regia concepita nel 2015 e firmata da Alessandro Talevi che spiega: «Il punto di partenza di questo allestimento è un esperimento della tradizione. La mia regia è basata su questo: seguire tutte le indicazioni di Puccini scritte nella partitura». Tuffo nel passato e nella storia, come può ben adattarsi a una “operazione nostalgia” che va incontro agli spettatori digiuni d’opera o “tradizionalisti” e ne conquista il gusto. Come è accaduto: lunghi applausi in sala dove la serata è stata un galà, quasi fosse un’apertura di stagione (infatti è stata definita anche un’anticipazione dell’inaugurazione in programma il 27 novembre con il ritorno romano di “Lohengrin” di Richard Wagner); e oltre 500mila spettatori alla tv per seguire la trasmissione Rai.
Il primo atto di "Tosca" all'Opera di Roma con l'allestimento ricostruito della prima avvenuta 125 anni fa / Fabrizio Sansoni - Opera Roma
Il primo atto di "Tosca" all'Opera di Roma con l'allestimento ricostruito della prima avvenuta 125 anni fa / Fabrizio Sansoni - Opera Roma
Star indiscussa è stato Luca Salsi, uno Scarpia in stato di grazia: serata da incorniciare per il baritono emiliano, di gran lunga più intenso rispetto ad altre rappresentazioni in cui aveva lo stesso ruolo. Eleonora Buratto è una Tosca che convince più in televisione che a teatro: davanti alle telecamere, grazie alla cura del suono, risalta con efficacia; meno in sala dove fatica soprattutto nella linea vocale più grave. È un Cavaradossi “strappa-applausi” quello del tenore statunitense Jonathan Tetelman: acuto facile, fascino, ma purtroppo interpretazione ridotta ai minimi termini che non può bastare per un capolavoro come “Tosca”. Da promuovere a pieni voti l’orchestra dell’Opera di Roma: precisa, sgargiante, solida nonostante il cambio di direttore dell’ultimo momento (da Daniel Oren indisposto ad Antonino Fogliani).
Lo “Stabat mater” di Giovanni Battista Pergolesi nella Basilica di Santa Maria in Ara Coeli a Roma con la regia di Romeo Castellucci / Fabrizio Sansoni - Opera Roma
Lo “Stabat mater” di Giovanni Battista Pergolesi nella Basilica di Santa Maria in Ara Coeli a Roma con la regia di Romeo Castellucci / Fabrizio Sansoni - Opera Roma
Eppure, l’autentica perla dell’autunno lirico è stato lo “Stabat mater” nella Basilica di Santa Maria in Ara Coeli. O meglio, la partitura sacra di Giovanni Battista Pergolesi datata 1736 è stata unita ai “Quattro Pezzi” di Giacinto Scelsi, ciascuno su una sola nota, che hanno preceduto lo “Stabat mater”, e poi all’Ave Maria, al Pater Noster e all’Alleluia sempre di Scelsi che hanno concluso la serata. Una serata che è stata “elevazione spirituale” a teatro e, allo stesso tempo, denuncia della follia della guerra, vista in particolare con gli occhi delle donne e di bambini. Il merito va alla toccante regia di Romeo Castellucci, creativo che non ha risparmiato tratti dissacranti (e, quindi, contestati) in alcuni suoi spettacoli ma che nella chiesa romana “altare verso il cielo” ha messo in scena una sorta di liturgia dove la dimensione verticale propria di una composizione come lo “Stabat mater” si è unita a quella orizzontale della condanna dei conflitti e della violenza armata. Partendo dai “Quattro Pezzi” di Scelsi che Castellucci ha fatto eseguire dai soldati in prima linea, ossia dai professori dell’orchestra dell’Opera di Roma che indossavano mimetiche, giacchetti antiproiettile ed elmetti come fossero lungo la linea del fronte. Compreso il direttore Michele Mariotti che ha plasmato con intelligenza partiture così differenti in cui, però, ha trovato come elemento di congiunzione l’abbraccio della sofferenza e il suo riscatto. 
Lo “Stabat mater” di Giovanni Battista Pergolesi nella Basilica di Santa Maria in Ara Coeli a Roma con la regia di Romeo Castellucci / Fabrizio Sansoni - Opera Roma
Lo “Stabat mater” di Giovanni Battista Pergolesi nella Basilica di Santa Maria in Ara Coeli a Roma con la regia di Romeo Castellucci / Fabrizio Sansoni - Opera Roma
Si svolge in una piattaforma che corre lungo l’intera navata centrale lo “Stabat mater” di Pergolesi. La Vergine sotto la croce che vede morire il Figlio ha – nella concezione di Castellucci – il volto delle vedove di guerra, dei prigionieri di guerra, dei piccoli in mezzo alle bombe. E commuove vedere decine di bambini seduti sul bordo del palcoscenico che cullano i corpi di Cristo crocifisso mentre il contralto intona “Fac, ut portem Christi mortem”: i poveri Cristi di oggi che la brutalità, la sete di potere, l’ingiustizia uccidono.
Lo “Stabat mater” di Giovanni Battista Pergolesi nella Basilica di Santa Maria in Ara Coeli a Roma con la regia di Romeo Castellucci / Fabrizio Sansoni - Opera Roma
Lo “Stabat mater” di Giovanni Battista Pergolesi nella Basilica di Santa Maria in Ara Coeli a Roma con la regia di Romeo Castellucci / Fabrizio Sansoni - Opera Roma
Una Pietà dietro l’altra con le sembianze dei ragazzini. Perché Castellucci si è ispirato all’iconografia religiosa classica per l’allestimento: rispettandola e attualizzandola. Incantano le due interpreti: Emőke Baráth e Sara Mingardo. Cantanti-attrici che nel corso della rappresentazione si spogliano degli abiti scuri per passare al rosso sangue e infine al bianco candido: quello dell’Alleluia di Scelsi, quello che racconta la Risurrezione che ha vinto la morte.

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