giovedì 9 gennaio 2014
COMMENTA E CONDIVIDI
Fredda, grigia, ostile. Popolata da squali della finanza, padri infantili e competitivi oltre ogni ragionevolezza, signore ricche e annoiate, patetici piccolo borghesi alla disperata ricerca di riscatto sociale, aristocratici giovani rampolli mammoni e piagnucolosi, uomini d’affari dal soldo facile che scommettono sul fallimento del nostro paese.Teatro di un incidente che vedrà un ciclista schiacciato da un suv, delitto che intreccerà i destini di due famiglie posizionate su diversi gradini della scala sociale, ma unite dal comune desiderio di fare soldi e dalla disattenzione nei confronti dei propri figli. La Brianza di Paolo Virzì, grande protagonista del suo ultimo film, Il capitale umano, in uscita oggi nelle sale, potente, coraggioso apologo morale sul valore anche monetario della vita umana, che apre al cinema italiano strade di respiro più ampio e internazionale, non è piaciuta ad alcuni lombardi, gli amministratori di Como e Monza, che hanno attaccato il regista livornese colpevole a loro parere di mettere in scena solo stereotipi. Il paradosso sarebbe poi che Virzì, il quale ha ottenuto il contributo di 700mila euro dal Ministero dei Beni Culturali, avrebbe offerto un ingiusto affresco di «una delle aree che più contribuisce a finanziare i bilanci dello Stato, tra cui proprio il Ministero dei Beni Culturali», come sostiene l’assessore leghista al Turismo della Provincia di Monza e Brianza Andrea Monti. E pensare che l’omonimo romanzo di Stephen Amidon da cui è tratto il film, interpretato tra gli altri da Fabrizio Gifuni, Valeria Bruni Tedeschi, Fabrizio Bentivoglio, Valeria Golino, Luigi Lo Cascio, è ambientato oltreoceano, in Connecticut e il regista ha dichiarato di essersi avvicinato a un luogo per lui sconosciuto come un esploratore farebbe in un posto esotico. «Ho scelto di ambientare il film in Brianza – ha dichiarato Virzì – perché mi sembra il territorio dove il riverbero dell’economia sulla vita delle persone è più significativo». Polemiche arrivano anche da Como, sede del teatro Politeama chiuso e abbandonato, che nel film diventa "il giocattolo" di una ricca signora ricca e infelice, dalle giornate vuote e inconcludenti. «Il teatro si trova in una situazione di degrado, ma non si può estendere il giudizio alla città» tuona l’assessore comunale alla cultura Luigi Cavadini, mentre il sindaco di Como Mario Lucini incalza: «Invito Virzì a farsi parte attiva e ad aiutarci a recuperare l’intero stabile per riportarlo agli antichi splendori». Per il regista però la vicenda del Politeama di Como sintetizza lo stato delle cose in Italia. «Disegna un certo pezzetto di mentalità – dice – che però prevale. Sono quelli convinti che con la cultura non si mangi e credono di saperla lunga, di essere realisti affermando che si tratta di un lusso che non possiamo permetterci. E invece dimostrano di essere degli sprovveduti che non hanno capito nulla cosa sia l’Italia, delle sue enormi potenzialità se solo si valorizzassero la bellezza e la cultura, le nostre grandi ricchezze».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: