giovedì 2 settembre 2010
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Due anni fa ha vinto il Festival con The Wrestler, quest’anno il pubblico degli addetti ai lavori ha abbondantemente fischiato il suo ultimo film, The Black Swan, che ha inaugurato ieri la competizione della Mostra del Cinema di Venezia. Succede, anche perché il regista solo nella prima parte del film mantiene lo stile del suo film precedente, passando poi a un simbolismo così banale (quello di The Fountain, tanto per intenderci) da rendere tutto terribilmente scontato. E a rischio di comicità involontaria.I temi in campo poi non sono certo nuovi: attraverso la storia di una ballerina (Natalie Portman) che ottiene finalmente la parte principale ne Il lago dei cigni, ruolo destinato a diventare una pericolosa ossessione, si parla di doppio e rimosso, della parte oscura di se stessi e dell’incapacità di lasciarsi andare alle emozioni, di madri castratrici e di «trasgressioni sessuali» (non poteva mancare "naturalmente" una scena lesbo), pieghe dell’inconscio neanche tanto profondo e tendenze autodistruttive. Un tale pasticcio che neanche in conferenza stampa si è riusciti ad affrontare l’argomento, finendo a discutere di balletto e del colore rosa che domina le immagini.È andata invece meglio al crudo Machete di Robert Rodriguez (sarà distribuito da Lucky Red, negli Usa esce il 3 settembre) sul leggendario vendicatore Machete Cortez (Danny Trejo), anticipato dai finti trailer che comparivano in Grindhouse. Dopo uno scontro con un pericoloso boss della droga, il protagonista, ex agente federale messicano, fugge in Texas per dimenticare un tragico passato, ma si ritrova invischiato in una rete di corruzione e ingiustizia architettata da un senatore a caccia di voti (Robert De Niro), un crudele uomo d’affari, una feroce guardia di confine a capo di una schiera di vigilantes, una camionista dallo spirito ribelle (Michelle Rodriguez) e un’affascinante ufficiale dell’immigrazione (Jessica Alba). La platea ride e applaude (la battuta «Machete non manda sms» diventerà un tormentone), ma tra teste mozzate e fiumi di sangue, polvere e pallottole affiora con forza il dramma dell’immigrazione messicana, le stragi alla frontiera tese più a tutelare il traffico di droga che i diritti dei cittadini americani.Un po’ guerriglieri (la tesi è che la legge non coincide sempre con ciò che è giusto), un po’ giustizieri, i messicani in rivolta però incarnano istanze ambigue, ma tutto si stempera in un colorato e frastornante fumettone.«Abbiamo usato gli stilemi di certi film "neri" degli anni 70 – dice Rodriguez – applicati però al mondo latino. L’intenzione è quella di creare un personaggio universale capace di divertire, ma il tema dell’immigrazione e della frontiera ci sta molto a cuore e negli ultimi mesi è diventato sempre più urgente e attuale».Infine una curiosità: evidentemente influenzato dal suo ruolo di presidente della giuria del concorso, ieri il regista Quentin Tarantino ha fatto marcia indietro sul nostro cinema, che aveva definito «pessimo» (per usare un eufemismo). «Il cinema italiano è vivo».
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